Santa Messa in memoria del Servo di Dio Don Enzo Boschetti Salone del Terzo Millennio

14-02-2025

Santa Messa in memoria del Servo di Dio Don Enzo Boschetti

Salone del Terzo Millennio – Pavia – venerdì 15 febbraio 2025

 

Carissimi fratelli e sorelle,

Come ogni anno, siamo qui raccolti per fare grata memoria del dono che Don Enzo è stato e continua ad essere nella Chiesa di Pavia, nella fiduciosa speranza che come discepolo fedele di Cristo sia già immesso nella gloria dei santi e possa intercedere per noi e accompagnarci con le sue preghiere e la sua benedizione.

Oggi celebriamo la festa dei santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa, grandi apostoli degli slavi nel IX secolo nelle regioni della Pannonia, attuale Ungheria e della Moravia, che corrisponde all’attuale Repubblica Ceca. Per evangelizzare quei popoli giunsero a inventare un nuovo alfabeto e a tradurre nella lingua slava i testi biblici e della liturgia.

 

Anche nel breve passo degli Atti si parla di due apostoli ed evangelizzatori, Paolo e Barnaba, così come Gesù nel Vangelo manda i settantadue suoi discepoli nei villaggi, a precederlo, anch’essi a due a due. Perché? Non solo per dare maggiore valore alla loro testimonianza, ma perché il primo segno che sono chiamati a offrire è la loro unità, la loro comunione e la loro fraternità.

Ecco, anche Don Enzo è stato un prete con un cuore da contemplativo e da missionario – la sua esperienza iniziale di vita religiosa nel Kuwait – e ha riconosciuto la sua terra di missione qui a Pavia, nei poveri, nei giovani feriti nel cerchio infernale della droga, quando era ancora un argomento tabù, nelle persone segnate da molteplici fragilità, da forme di disprezzo, di solitudine e di emarginazione.

Non è rimasto tranquillo, si è lasciato muovere, inviare da Cristo e ha intravisto, in quella folla di uomini e donne, soprattutto giovani feriti dalla vita, spesso lontani dalla Chiesa, una messe promettente di buon grano. Come Gesù afferma Gesù nel Vangelo: «La messe è abbondante ma sono pochi gli operai». E saranno sempre pochi, sproporzionati rispetto alla missione che è loro affidata, perché sia evidente che è opera di un Altro: «Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe».

Anche Don Enzo non è stato un “eroe solitario”, da subito ha coinvolto altri, ha reso i giovani suoi primi compagni di strada ed altri fedeli, laici e laiche protagonisti di un’opera di carità, di servizio, di annuncio del Vangelo, di educazione alla fede. Così il cuore dell’opera generatrice di Dio attraverso il carisma di don Enzo è una fraternità: la Fraternità della casa del Giovane.

Afferma Don Enzo nel suo “Diario” scritto nel 1989: «Mi piacciono le Giornate di Fraternità. È un tempo che accolgo sempre come un grande dono del Signore; anche perché ho sempre molto da imparare dai miei fratelli e sorelle. I momenti di verifica con la Fraternità mi aiutano a ringraziare tanto il Signore, perché vedo cosa sa fare la grazia nel loro cuore. Con loro – parlando di santità – non finisco mai di estasiarmi, e di glorificare il Signore Gesù. In loro, vedo tanta disponibilità, e questo è incoraggiante e ringrazio il Signore. Spero tanto che tra questi ci sia colui che sappia un domani guidare questa difficile barca. Il Signore sa tirare fuori le persone capaci anche dalle pietre. Ho fiducia e prego».

L’altro tratto della missione che Gesù affida ai settantadue è l’essenzialità, che si traduce come essere una presenza debole e disarmata – «agnelli in mezzo ai lupi» -, con uno stile di povertà e sobrietà – «non portate borsa, né sacca, né sandali» – e come essere animati da una sorte di santa inquietudine, quasi di fretta per arrivare a tutti – «non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada».

Soprattutto la missione, la testimonianza del Regno di Dio ormai vicino e presente in Gesù si esprime come invocazione di pace – «Pace a questa casa» -, come disponibilità a essere accolti, senza pretesa – «mangiate quello che vi sarà offerto» – e come annuncio del Regno fatto con gesti di bene, di guarigione e con parole che riecheggiano l’annuncio di Gesù.

Ebbene, i tratti della missione dei settantadue – anche se riflettono l’esperienza particolare dei primi missionari itineranti – continua a provocare e a interrogare tutta la Chiesa, tutti i discepoli del Signore – discepoli missionari, come ama dire Papa Francesco – ed anche la vostra realtà della Casa del Giovane, per mezzo del suo cuore pulsante che sono i fratelli e le sorelle definitivi, i collaboratori e poi via via gli operatori, educatori, volontari e amici.

Pur nella complessità che hanno assunto le opere e le comunità educative della Casa del Giovane, come e quanto viviamo una missione che sia davvero evangelica nello stile, nelle forme? Quanto siamo capaci di povertà, di uso sobrio delle cose e dei beni, di condivisione? Quanto sappiamo fidarci della provvidenza del Padre? Quanto ci sta a cuore che attraverso la vita e le opere di questa Casa e della Fraternità che ne è anima chi ci incontra – chi vi incontra, carissimi amici – possa essere toccato dal Vangelo di Gesù, incentrato nell’amore, nella dedizione umile, in un’esistenza plasmata dal Regno di Dio?

Il passo degli Atti di questa sera si conclude con questa notazione di Luca: «La Parola del Signore si diffondeva per tutta la regione». Come avviene la diffusione della Parola? Questa diffusione della Parola del Signore come potenza di vita avviene attraverso il volto e la parola di uomini e donne inviati come testimoni. Barnaba e Paolo, Cirillo e Metodio, Ignazio e Francesco Saverio, Francesco e Chiara…don Enzo e con lui amici, fratelli e sorelle che accettano di lasciarsi prendere, coinvolgere e inviare dal Signore nella messe. Fino a noi oggi. Amen!