Carissimi fratelli e sorelle, cari confratelli nel sacerdozio,
La solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù è divenuta anche la Giornata della santificazione dei sacerdoti in tutta la Chiesa: quest’anno non ci è ancora possibile celebrare con la presenza di tanti presbiteri della nostra diocesi, però idealmente in questo giorno viviamo un’intensa comunione nella preghiera e in questa Messa desidero portare al Cuore di Cristo tutti i sacerdoti del nostro presbiterio, in particolare i malati, il carissimo don Antonio Vitali, gli anziani, che sono il tesoro più bello e prezioso della nostra Chiesa, coloro che stanno vivendo tempi di prova o di fatica nella vita e nel ministero.
Ed è bello che i nostri preti si sentano circondati dalla preghiera e dall’affetto di voi, cari fedeli, e delle comunità: credo che sia giusto manifestare in questo giorno gratitudine per la loro presenza e il loro servizio, fare sentire la vicinanza del popolo di Dio, mentre da parte di noi pastori, vescovo e presbiteri, sale in questo momento un cantico di lode al Signore per il dono immenso del sacerdozio ministeriale, di cui siamo resi partecipi a servizio della Chiesa e degli uomini, e allo stesso tempo, con umiltà presentiamo al Padre delle misericordie la confessione dei nostri peccati, degli scandali che abbiamo potuto dare ai fedeli, delle omissioni e pigrizie che a volte oscurano il nostro ministero, e invochiamo con fiducia il perdono e la misericordia di Gesù, come balsamo sulle nostre ferite e le nostre fragilità di uomini peccatori, chiamati a crescere e a camminare nella santità di Cristo, sommo ed eterno sacerdote.
Al centro della liturgia odierna c’è il segno del cuore: il cuore di Cristo, aperto per noi, da cui escono sangue e acqua, quel cuore che si è manifestato, in modo singolare, nelle apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque, suora della Visitazione, nel convento di Paray Le Monial, nella seconda metà del Seicento, come segno efficace e immediato dell’amore misericordioso di Cristo, spesso dimenticato e trascurato dagli uomini. Ricordiamo le parole del Signore a Santa Margherita Maria: «Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini e che in cambio riceve tanta indifferenza e disprezzo».
In realtà, la devozione al cuore di Cristo aveva già una sua storia nella tradizione spirituale della Chiesa, e in fondo trova le sue radici nella stessa parola di Dio: abbiamo ascoltato la pagine evangelica di Giovanni, nella quale egli dà una solenne testimonianza a ciò che ha visto sul Calvario. Il discepolo prediletto di Gesù, l’unico fedele nell’ora della croce, insieme a Maria e alle altre donne, assiste a una scena che esternamente è brutale e crudele: dovendo accelerare la morte dei condannati, perché «perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato», i Giudei chiedono a Pilato che siano spezzate loro le gambe e siano portati via. Una pratica conosciuta e terribile, quella del crurifragium: colpendo alle ginocchia i crocifissi e spezzando loro le gambe, erano condannati in breve tempo a morire per asfissia, non potendo più fare forza sui piedi per inarcarsi e prendere respiro! I soldati eseguono l’ordine, ma per Gesù non è necessario, essendo appena spirato, e allora uno dei soldati, con un gesto di disprezzo, forse per essere sicuro della morte di Gesù, colpisce il costato di Cristo e subito esce sangue e acqua, che provengono dal cuore spossato e consumato nella sofferenza vissuta nelle ore della passione, sofferenza del corpo e dell’anima, che ha molteplici dimensioni, fisiche, morali e spirituali.
L’evangelista in questo evento che a uno sguardo superficiale può sembrare solo un fatto di violenza inumana vede qualcosa di più, tanto che ne rende testimonianza e sottolinea la veracità e l’affidabilità della sua testimonianza: «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate» (Gv 19,35).
Carissimi fratelli e sorelle, che cosa ha visto di così particolare Giovanni, tanto da volere rendere in modo così limpido la sua testimonianza? E in che cosa siamo chiamati a credere, accogliendo la testimonianza dell’evangelista? Dalle citazioni della Scrittura che subito dopo menziona, è chiaro: in Gesù crocifisso, che dà tutto se stesso, fino all’ultima effusione di sangue e acqua, siamo chiamati a riconoscere il vero agnello pasquale, a cui non è spezzato alcun osso, svenato per noi, consumato nell’amore fino alla fine, e allo stesso tempo il trafitto a cui si eleva lo sguardo della fede, come segno supremo di salvezza e di misericordia.
Tutto ciò è racchiuso nel mistero del cuore di Cristo: è un cuore aperto, che dona vita, nel sangue versato per noi, nell’acqua, simbolo dello Spirito vivificante, è un cuore trafitto, così come si mostra a Santa Margherita Maria, trafitto dai peccati, dal disamore, dall’indifferenza di noi uomini.
Ecco perché, la devozione al Sacratissimo Cuore di Cristo è diventata nel cammino della Chiesa un richiamo forte alla riparazione, alla penitenza, alla conversione e insieme un annuncio di speranza dell’infinita misericordia di Dio, racchiusa nel cuore del Figlio crocifisso e risorto, capace di perdonare e di purificare, di ricreare e di rinnovare ogni esistenza, per quanto sfigurata dal peccato. Proprio mentre nella Chiesa soffiavano i venti gelidi del giansenismo, con la sua immagine di un Dio sdegnato e irato per i peccati e con il senso di una distanza e di un’indegnità nostra, che portava ad allontanarsi dall’Eucaristia, la diffusione dell’immagine del Cuore d Gesù infiammato d’amore, il messaggio di misericordia e di perdono, l’invito alla comunione frequente con la pratica dei primi venerdì del mese, sono stati una via per riavvicinare il popolo cristiano al sacramento eucaristico e per infondere una fiducia viva e profonda nell’inesauribile amore di Cristo.
Di ciò abbiamo bisogno anche oggi, in questo tempo in cui avvertiamo lo smarrimento profondo che ha generato in molti l’esperienza faticosa e dolorosa della pandemia, con tutte le sue conseguenze. Non basta, carissimi amici, tornare in fretta alla normalità, perché una “normalità” senza la certezza di una presenza buona e fedele ha dentro di sé un vuoto e una voragine, che niente può colmare fino in fondo. Che cosa speriamo in questo momento? Molti rispondono: il ritorno alla normalità, ed è comprensibile questo desiderio. Ma occorre chiedersi: quale normalità? Quella di una vita frenetica e sempre all’inseguimento di nuove emozioni? In realtà la “normalità” che desideriamo e che può riempire il cuore e dare respiro alla vita, anche dentro le contraddizioni e le fatiche, è vivere costantemente nella compagnia fedele di Cristo, riconoscere in lui e nei volti dei suoi testimoni, dei suoi santi, l’esperienza potente che traspariva dalle parole del profeta Osea.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato le parole che Dio, attraverso il profeta, rivolge al suo popolo, ribelle e peccatore, rivolge a noi stasera: «Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione» (Os 11,8).
Sì, fratelli e sorelle, il Dio vivente è capace di commuoversi e di provare compassione davanti alla nostra miseria e ciò che Israele ha iniziato a sperimentare nella sua storia drammatica, piena di peccato e di misericordia, è diventato ancora più reale e concreto, in Gesù Cristo, volto umano del Dio ricco di misericordia: davvero «il nostro Dio ha un cuore di carne» (Benedetto XVI).
È il cuore di Cristo, ora vivente nella gloria del Padre, presente e palpitante nel sacramento del suo corpo eucaristico: l’umanità commossa di Gesù, mite e umile di cuore, appassionato nel ricercare ogni uomo perduto e ogni figlio smarrito, continua a farsi presente attraverso i suoi testimoni, e in modo particolare attraverso i suoi sacerdoti, chiamati a proseguire l’opera di Cristo, nell’annuncio della Parola, nella celebrazione dei sacramenti, nella cura delle persone e delle comunità.
San Giovanni Maria Vianney, il santo curato d’Ars, patrono dei parroci: «Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù». Preghiamo perché tutti i nostri preti siano fedeli alla loro missione, lieti nel servire Dio e il suo popolo: «Donaci Signore santi sacerdoti, secondo il cuore di Cristo!». Amen