Carissimi confratelli nel sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle,
Siamo in tanti questa mattina ad accompagnare con la nostra affettuosa preghiera il caro Don Antonio Vitali, che ci ha lasciati improvvisamente: era stato colpito da una grave emorragia cerebrale, ma stava percorrendo un lentissimo cammino di ripresa, con piccoli segni che facevano sperare. Quando si vuole bene a una persona e si desidera che non ci lasci, anche il più flebile cenno di luce è accolto e custodito con tremore: Don Antonio era un prete che si faceva volere bene, nella sua semplicità e nella sua intelligenza concreta, nella sua dedizione alle persone e alle comunità dove ha svolto il suo ministero, nella sua capacità di coltivare amicizie belle e profonde, nel presbiterio, dove ha coltivato un’intensa amicizia con alcuni confratelli, nelle parrocchie e nella grande famiglia della vita, nata dall’opera e dal carisma di Don Leo Cerabolini.
La presenza di tutti voi – confratelli preti e diaconi permanenti, amici e persone che in vari modi l’hanno incontrato e magari hanno ricevuto da lui una parola, un aiuto, una vicinanza discreta e attenta, voi parrocchiani di Filighera e di Copiano che lo avete avuto parroco in questi ultimi anni – esprime, molto meglio delle mie povere parole, la sua testimonianza che rimane viva tra noi.
Perciò, carissimi amici e cari familiari, che in questo momento sentite la ferita e il dolore del distacco, noi siamo qui innanzitutto a ringraziare il Padre per il dono di questo fratello, padre e amico, per il bene realizzato nella sua vita e nel suo ministero di prete, siamo qui per rinnovare la certezza che ora si compiono per lui le parole del Vangelo: «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!» (Lc 12,37-38). Sì, Don Antonio, anche se assopito nella sua condizione clinica, privato della capacità di comunicare pienamente con il mondo e le persone – chi lo andava a visitare coglieva cenni, sguardi, qualche tenue sorriso – vegliava nel cuore, perché era in attesa del suo Signore: pur con le sue debolezze e le sue fatiche, con i momenti difficili di questi ultimi anni, segnati dalla perdita di una gamba e dal lungo percorso di riabilitazione, con l’uso della protesi, egli è stato un servo fedele e premuroso, che ha imparato la bellezza del donarsi agli altri. L’ha imparato nella sua famiglia, crescendo proprio in questa comunità a Copiano, dove è ritornato come parroco dal 2015, l’ha imparato da figure belle di preti che l’hanno accompagnato, in particolare dall’indimenticabile Don Leo: Don Antonio era stato suo curato a Belgioioso dal 1980 al 1984, si era poi coinvolto nella nascita e nello sviluppo della Casa d’accoglienza, con sua sorella Giovanna, e dalla morte di Don Leo nel 2004 era diventato assistente spirituale della Casa di Accoglienza alla Vita, mettendoci cuore e passione nel proseguire e far crescere l’opera.
Ecco noi ora presentiamo la sua anima e la sua vita al Padre, invochiamo la pienezza della gioia dei santi per questo suo servo, confidando nella misericordia di Dio che vede e giudica i cuori, che non dimentica il bene compiuto, che nel suo amore purifica le scorie del peccato.
Nella prima lettura il profeta Isaia evoca il destino finale d’Israele e delle nazioni, con l’immagine di un ricco banchetto, sul monte del tempio: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6). È un’immagine che Gesù utilizzerà nelle sue parabole per parlare a noi del regno di Dio: un regno che inizia a farsi presente proprio con la parola e i gesti di salvezza di Cristo e che si realizzerà pienamente oltre il tempo e la storia, nell’incontro faccia a faccia con il Dio amante della vita. Il profeta, infatti, unisce alla celebrazione del banchetto per tutti i popoli, l’azione del Signore che finalmente ci farà passare dall’apparenza di ciò che vediamo e tocchiamo, alla verità piena dell’esistenza e del mondo: «Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto» (Is 25,7-8).
La nostra vita, carissimi fratelli e sorelle si svolge tra un presente, nel quale un velo c’impedisce di vedere Dio e siamo come circondati da una nebbia che offusca la vista del cuore, e il futuro promesso in cui sarà eliminata la morte, sarà asciugata ogni lacrima, sarà consolata ogni sofferenza. E noi ci fidiamo di questa promessa buona e luminosa, perché Dio è fedele, perché nella Pasqua di Gesù, morto e risorto, già intravediamo l’alba della risurrezione e della vita eterna, perché Cristo ha già iniziato ad asciugare le lacrime di ogni volto, e continua a farlo attraverso fratelli e sorelle che diventano segno e strumento della sua tenerezza.
Ecco, la parola del profeta illumina il cammino percorso da Don Antonio: nel suo ministero di sacerdote, egli ha amato e ha servito la vita, e si è posto sulle orme di un grande testimone come Don Leo. Nel suo servizio, come vicario parrocchiale e come parroco nelle comunità dov’è stato inviato (Marcignago, Belgioioso, la parrocchia dello Spirito Santo a Pavia, Villanterio, Calignano, Albuzzano, Barona e Vigalfo, Filighera e Copiano), e nella sua presenza attiva nella Casa dell’Accoglienza della Vita, Don Antonio ha preparato la mensa eucaristica, spezzando il pane della Parola e dell’Eucaristia, annunciando quel banchetto del Regno a cui tutti siamo invitati, ha cercato di creare un clima di famiglia, anche nei momenti conviviali o di festa, essenziali per la vita di ogni comunità, preziosi anche nella relazione fraterna dei sacerdoti tra loro; come prete fedele a Gesù e alla Chiesa, ha avvicinato tante persone e si è lasciato avvicinare, con suo tratto silenzioso, di poche parole, apparentemente un po’ burbero, che nascondeva un grande cuore; ha asciugato lacrime che rigavano il volto di uomini e donne di ogni età, ha permesso, con l’aiuto di fratelli e sorelle che operano anche adesso nel silenzio, che creature sbocciate nel grembo di giovani madri fossero accolte e non eliminate, e che giovani donne imparassero l’arte preziosa della maternità, che piccoli senza famiglia potessero trovare una casa e un cammino, che ragazzi e adolescenti, con storie talvolta complesse e cariche di ferite, potessero crescere con un futuro, con una nuova consapevolezza di sé.
Così l’ho conosciuto, e così lo ricordo: anche con il suo vescovo, Don Antonio era uomo di poche parole, a volte mi segnalava l’attenzione da avere per un confratello, era contento quando mi accoglieva alla Casa di Belgioioso o di Copiano, con le mamme, i bambini, gli adolescenti, oppure nelle sue parrocchie. Ebbi modo d’incontrarlo più volte nel suo travagliato ricovero che portò alcuni anni fa all’amputazione della gamba: negli inevitabili “alti” e “bassi” di quei giorni, mi colpì la sua accettazione della prova e soprattutto con che passione s’impegnò nel riprendere a camminare, un passo alla volta, con la protesi, con il desiderio di tornare alle sue comunità e alla sua gente, sognando anche di poter ritornare a nuotare con i ragazzi in estate.
Aveva, come tutti noi, i suoi limiti, si riconosceva umilmente peccatore davanti al Signore, con una grande fiducia nella misericordia di Gesù: anche quando si trovava ad ascoltare e ad accompagnare storie piene di contraddizioni e di umana miseria. Il suo sguardo, un po’ sornione, esprimeva un cuore largo nell’accoglienza e nel perdono. Ora noi preghiamo per lui, certi che vede nella luce lo sguardo buono e dolce del suo Signore.
«Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,14.16): come sono vere le parole dell’apostolo Giovanni, guardando alla vita di Don Antonio. Egli è passato dalla morte alla vita perché ha amato i fratelli, sulle orme di Cristo, che ha dato la vita per noi: ora, nell’ultima pasqua della sua morte, possiamo pensare che davvero il nostro fratello, amico e padre, sia passato definitivamente dalla morte alla vita. Amen!