Epifania del Signore
Duomo di Pavia – mercoledì 6 gennaio 2021
Carissimi fratelli e sorelle,
La festa di oggi è una festa di luce, è l’Epifania, la manifestazione del Signore, nato in Betlemme, ai popoli fuori d’Israele, rappresentati dai Magi, nel racconto di Matteo: sono uomini che provengono dall’oriente, forse dalla lontana Persia o da Babilonia, esperti nella scienza astrologica degli antichi, nel leggere le stelle e i segni del cielo.
Nel Vangelo, il cammino dei Magi è guidato dalla luce di una stella, che sembra scomparire all’orizzonte, quando giungono a Gerusalemme, la città del re Erode, alla ricerca del re dei Giudei, e solo quando si rimettono in cammino verso Betlemme, l’astro celeste riappare: «Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,9-10).
La luce, che rischiara le tenebre, è un simbolo universale, un simbolo che assume vari significati, e tra questi la luce può ben rappresentare la verità che si dischiude alla ricerca e alla scoperta dell’uomo, la conoscenza della realtà che, progressivamente, avanza nella storia: pensiamo allo sviluppo impressionante della conoscenza scientifica, all’avventura della ragione che s’inoltra sempre di più nella complessità della vita, dell’universo, del micro e macro-cosmo. Allo stesso tempo, pur avanzando nella conoscenza e nel dominio della realtà, ci accorgiamo che si svela un orizzonte sempre più ampio: ogni conoscenza è sempre perfettibile, ciò che è sembra avere una sua profondità che sfugge alla presa dell’uomo, quanto più conosciamo, tanto più scopriamo di essere ancora “ignoranti”, la realtà ci supera sempre, è come la linea dell’orizzonte sul mare, che mai raggiungiamo!
Questa ultima inafferrabilità dell’essere, se vale già sul piano delle scienze sperimentali che cercano di scandagliare l’universo e l’uomo, vale ancora di più di fronte alle domande ultime che la realtà stessa desta in noi, inesorabilmente, domande che oltrepassano il piano delle questioni empiriche, storiche, sociologiche, che rendono vivo e inquieto il cuore e non danno tregua alla ragione. La scienza stessa suscita interrogativi sul mondo, sulla vita, sul senso dell’esistenza, ai quali è incapace di rispondere, se è onesta, se non diventa ideologia.
Carissimi fratelli e sorelle, l’esperienza dell’emergere in noi di domande inestirpabili sul significato della vita, della morte, della sofferenza, sul destino che ci attende, su ciò che veramente dà valore e consistenza al nostro umano vivere, torna ad essere un’esperienza reale, non riservata a poeti e filosofi, a uomini di cultura e di pensiero, proprio in questo tempo: l’imprevedibile prova dell’epidemia, con i problemi sociali e umani che sta generando, riapre lo spazio degli interrogativi radicali, talvolta soffocati nell’agitazione frenetica delle giornate e nella ricerca di sempre nuovi divertimenti e piaceri. La morte di persone care e conosciute, spesso avvenuta in solitudine, la percezione di essere fragili e vulnerabili, la crisi di una visione della vita dove tutto è sotto controllo, dove siamo noi i padroni e i protagonisti assoluti, la messa in questione di una fiducia cieca nella scienza, tutto ciò è occasione per riscoprire l’orizzonte ampio della ragione e della ricerca di una verità piena che sia luce e sia vita per il cuore dell’uomo.
Ora, i Magi del Vangelo sono uomini inquieti, che si mettono in cammino, alla ricerca di un misterioso re, atteso come salvatore, e si lasciano guidare da una stella: possiamo pensare che tale astro fosse visibile a tutti, eppure solo i Magi ne restano colpiti e affascinati, lo riconoscono come un segno che alla fine indica altro, conduce all’incontro con quel re, totalmente diverso da come se l’erano immaginato. Così, carissimi amici, i Magi diventano per noi l’immagine di una ricerca leale e aperta, disponibile e umile, che giunge alla gioia della scoperta e dell’incontro con una verità presente, pur nel velo della carne e del segno.
Perché i Magi sanno vedere la stella, che tuttavia è a tutti visibile, come un segno? Perché si lasciano istruire e illuminare dalla parola delle Scritture, consultate attraverso i capi dei sacerdoti e gli scribi di Gerusalemme, e solo loro si dirigono a Betlemme? E perché davanti al bimbo inerme e nudo, senza nessun segno regale, si prostrano, adorano e offrono i loro doni al Re?
Possiamo cogliere tre aspetti di questa ricerca intelligente e non vana dei Magi, preziosi per noi, uomini e donne moderni e post-moderni: noi siamo tentati di porre dei limiti, di ridurre l’ambito della ragione a ciò che è misurabile e sensibile, a ciò che è comprensibile e ripetibile, e così davanti alle grandi domande sull’essere e sul senso della vita, restiamo ciechi alle tracce e ai segni del mistero, sordi alla parola che Dio ci rivolge, attraverso la creazione e attraverso la Scrittura, e quindi muti, incapaci di dire parole sensate e vere.
I Magi sanno guardare e lasciarsi stupire: il primo passo dell’avventura della conoscenza e della vita è lo stupore, la sorpresa dell’essere, la meraviglia per la bellezza e per la promessa di bene e di felicità, racchiusa nell’esistenza stessa. Che io ci sia, che tu ci sia, amico e fratello, che ci siano persone a noi, care, che ci sia il mondo, nella sua immensità, nella sua potenza, nei suoi aspetti affascinanti e paurosi, che ci sia l’essere e non il nulla: ecco questo è il primo stupore, accorgersi della presenza inesorabile e gratuita delle cose, dei volti, di tutto. Forse, aver fatto di nuovo i conti con la nostra umana fragilità – un minuscolo essere, grande quanto il millesimo di un capello, ha sconvolto l’umanità – ci rimette in questa posizione di apertura grata e commossa al dono puro e assoluto dell’esistere: la vita, proprio perché fragile, proprio perché non è un nostro possesso, è un dono delicato e prezioso, da amare, custodire e servire, in noi e negli altri, e davvero la vita è il primo miracolo da contemplare e da guardare.
I Magi, alla ricerca del re che è nato, pongono domande, chiedono e sono disponibili ad ascoltare la voce degli scribi, la voce delle Scritture. Quando uno è in ricerca del mistero, chiede, interroga e si lascia interrogare, si mette in ascolto della parola di altri, cerca i maestri, accoglie la sapienza racchiusa nelle grandi scritture: le grandi scritture di uomini che hanno saputo esprimere il cuore dell’uomo – i poeti, i narratori, i filosofi appassionati della verità – e le grandi scritture che raccolgono l’esperienza di Dio, fino alla parola ispirata da Dio nella Bibbia.
I Magi, infine, riconoscono nella stella un segno che li guida, e sanno accogliere la novità imprevista di Dio, nel volto del bambino di Betlemme. Chi entra in rapporto con la vita e con la realtà, tutto teso a cogliere il mistero che parla e che si rivela, sa riconoscere dei segni che lo accompagnano e che segnano una strada, ed è disponibile ad adorare il mistero santo di Dio, che si fa presente nel velo della carne, in un volto umano in cui traspare una Presenza che ha un nome, si chiama Gesù, il vero Re, il Dio fatto uomo tra noi.
Impariamo dai Magi a essere capaci di stupore di fronte alla realtà, a non dare per ovvio nulla della vita, a essere attenti ai segni e alle parole che Dio semina sulla nostra strada, e a essere disponibili a riconoscere e ad accogliere il volto inatteso e sorprendente del Dio così grande, da farsi un piccolo bimbo nato nella povertà di Betlemme. Amen!