Conferimento dell’accolitato a due seminaristi di Pavia

29-04-2021

Carissimi fratelli e sorelle,

Celebriamo oggi la festa di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia dal 1939 e compatrona d’Europa dal 1999: una figura affascinante e ricca che ha segnato la storia della Chiesa, e che non cessa di parlare anche a noi, con la sua testimonianza e con i suoi scritti. Ed è bello che in questa festa, due seminaristi della nostra Diocesi, Riccardo Cambisio e Daniele Sacchi, ricevano il ministero dell’accolitato: si tratta di un ministero istituito, che nel percorso del seminario, introduce a un rapporto più diretto con l’Eucaristia, perché l’accolito è chiamato a svolgere un servizio al Santissimo Sacramento dell’altare, sia nella messa, alla mensa eucaristica e nella purificazione dei vasi sacri, oltre che nella distribuzione della Santa Comunione, in aiuto al sacerdote, sia esponendo l’Eucaristia per l’adorazione, sia portando la Comunione ai malati nelle case.

Perciò, carissimi Riccardo e Daniele, diventare accoliti racchiude in sé la chiamata a crescere nell’amore all’Eucaristia e in un’esistenza che si lascia plasmare dall’Eucaristia: sotto questo profilo, abbiamo tanto da imparare dalla vita di Caterina che certamente è una santa eucaristica, profondamente innamorata del sacramento dell’altare e conformata al mistero della passione e della croce del Signore, reso presente dall’Eucaristia, in ogni messa che celebriamo, e che permane vivo tra noi nell’ostia santa che adoriamo.

La vicenda della santa senese avviene in un’epoca di crisi e di grandi cambiamenti: siamo nel secolo XIV, perché vive dal 1347 al 1380, solo 33 anni intensamente consumati nell’amore a Cristo e alla Chiesa, nell’impegno di un’incessante conversione a lui e di una riforma della Chiesa che partendo dal capo, il Papa, da lei chiamato «il dolce Cristo in terra», e arrivando alle membra del corpo mistico del Signore, potesse rinnovare veramente e interiormente la sposa di Cristo.

Il Trecento è il secolo della terribile “peste nera”, che portò a una consistente riduzione degli abitanti in Europa, e lasciò un seguito di miseria e di sofferenza. La Chiesa era appesantita da incrostazioni dovute al potere temporale, con il Papa che risiedeva ad Avignone, spesso condizionato dalla monarchia di Francia; c’era una diffusa povertà spirituale nel clero e nella vita religiosa, con gravi scandali e comportamenti immorali, tollerati e diffusi. Come accade spesso nella storia della Chiesa, Dio interviene suscitando dei santi e delle sante che diventano una sorgente di grazia per tutto il popolo di Dio e una presenza ardente che chiama a santità e a conversione e che riforma, dall’interno, il tessuto della vita ecclesiale.

Così fu Caterina: nasce a Siena, da una famiglia numerosa, e fin da bambina è attratta da Gesù, che diventa il suo confidente. A 16 anni, mossa da una visione di San Domenico, entra nel ramo femminile del Terz’Ordine Domenicano, le cosiddette Mantellate, e restando in famiglia, comincia a dedicarsi a una vita di preghiera, di penitenza, di servizio ai poveri e ai malati: «Quando la fama della sua santità si diffuse, fu protagonista di un’intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate, ecclesiastici, compreso il Papa Gregorio XI che in quel periodo risiedeva ad Avignone e che Caterina esortò energicamente ed efficacemente a fare ritorno a Roma. Viaggiò molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati» (Benedetto XVI, Udienza generale, 24/11/2010). Riuscì alla fine a far tornare il Papa a Roma e nelle sue lettere colpisce la forza con cui sa rivolgersi al Pontefice, come ad altri prelati del suo tempo: mantenendo rispetto e devozione per i pastori della Chiesa, in modo particolare per il Santo Padre, Caterina ha però un linguaggio schietto, ardente, forte, sa scuotere e richiamare i pastori alla loro responsabilità. È un bell’esempio di anima veramente ecclesiale, che unisce all’amore profondo per la Santa Madre Chiesa, il coraggio di svegliare i cuori. Obbediente e libera, per nulla “clericale” o formale!

Carissimi amici, il segreto profondo della vita e dell’impressionante attività di questa giovane senese è l’avventura di un grande amore che l’ha coinvolta totalmente: l’amore di Cristo che l’ha legata a sé, come suo sposo, fino a farle vivere l’esperienza del fidanzamento mistico, come ricordava Benedetto XVI nell’udienza dedicata a lei: «In una visione che mai più si cancellò dal cuore e dalla mente di Caterina, la Madonna la presentò a Gesù che le donò uno splendido anello, dicendole: “Io, tuo Creatore e Salvatore, ti sposo nella fede, che conserverai sempre pura fino a quando celebrerai con me in cielo le tue nozze eterne” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 115, Siena 1998). Quell’anello rimase visibile solo a lei. In questo episodio straordinario cogliamo il centro vitale della religiosità di Caterina e di ogni autentica spiritualità: il cristocentrismo. Cristo è per lei come lo sposo, con cui vi è un rapporto di intimità, di comunione e di fedeltà; è il bene amato sopra ogni altro bene».

Al di là della straordinarietà del vissuto di Santa Caterina, questo è il cuore di ogni esistenza cristiana, questo è il cuore di ogni vocazione: voi, carissimi seminaristi, in cammino verso il sacerdozio, siete innanzitutto giovani uomini che hanno avvertito la forza di una chiamata a seguire Gesù con tutta la vita, per essere suoi apostoli, suoi amici, suoi ministri nel popolo di Dio. Per voi, carissimi Riccardo e Daniele, l’accolitato è un modo per crescere in questo rapporto d’amore con Cristo e per servire la sua Chiesa, attraverso il ministero che vi viene affidato: un ministero che guarda all’Eucaristia, sacramento che ci trasforma e ci fa entrare sempre di più in una familiarità e in una comunione di vita con Cristo.

Impariamo allora da Santa Caterina a vivere l’Eucaristia come dono che ci cambia, ci rende sempre più simili a Cristo, ci fa assumere il suo stile di vita: soprattutto chiediamo a lei di lasciarci commuovere e toccare il cuore dal dono d’amore racchiuso nell’Eucaristia, sacramento del corpo dato e del sangue versato per noi e per la nostra salvezza. Nella sua esperienza spirituale la vergine senese è rimasta impressionata dall’immagine e dalla realtà del sangue effuso dal Redentore, come simbolo che riassume tutta la passione d’amore di Gesù, «Agnello svenato» per noi, tanto che ogni sua lettera inizia sempre con queste parole: «Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo …». E la nostra santa morirà, pronunciando come ultime parole: «Sangue, sangue, sangue!».

Di anime così ha bisogno la Chiesa, anche oggi, in questo passaggio travagliato che stiamo vivendo e la vera riforma non nasce da progetti e organigrammi, nemmeno pastorali, ma dalla presenza di uomini e donne, come Santa Caterina, ciascuno e ciascuna secondo la propria storia e vocazione, afferrati dall’amore di Cristo e desiderosi di servire e amare la Chiesa e di renderla sempre di più la sposa bella e immacolata del Signore, trasparenza e annuncio del Regno nella storia.

Questa è anche la mia preghiera che rivolgo al Padre, per tutti noi: per voi seminaristi, per le nostre comunità, per la Chiesa così bisognosa di nuove e sante vocazioni, per la vita del popolo di Dio e per la testimonianza del Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo.

Permettetemi di concludere, ascoltando ancora la voce vibrante di Santa Caterina, che ci rivolge questa sera un invito diretto al cuore: «Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (…). Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso» (Epistolario, Lettera n. 21: Ad uno il cui nome si tace). Amen!