Il 7 gennaio la Chiesa fa memoria di San Raimondo di Peñafort, patrono dei giuristi e delle facoltà di diritto canonico. Il Santo nacque intorno al 1175 a Villafranca del Penadès, presso Barcellona dove vi morì centenario il 6 gennaio 1275. Fu beatificato da Paolo III nel 1542 e canonizzato da Clemente VIII il 29 aprile 1601.
Dopo aver studiato le arti liberali del Trivium e Quadrivium e insegnato a Barcellona retorica e logica, nel 1210 Raimondo si recò a Bologna attratto dallo studio del diritto, conseguendo dopo otto anni la laurea in ius canonicum e nel 1219 la licentia ubique docendi. A Bologna Raimondo respirò il clima culturale della città entrando in contatto con insigni giuristi del tempo come Sinibaldo Fieschi, futuro Innocenzo IV, Accursio, Tancredi, Pier delle Vigne. Un tratto particolare di Raimondo come professore fu il disinteresse per la remunerazione, come poi si teorizzerà nella Summa de poenitentia sotto il Titolo “De magistris, et ne aliquid exigant pro licentia docendi” (L. I, Tit. III).
A Barcellona, dove era rientrato per insegnare nel seminario, nel 1222 Raimondo lasciò il canonicato della Cattedrale per entrare nell’Ordine dei Frati Predicatori. Nel 1223 aiutò Pietro Nolasco a fondare l’Ordine dei Mercedari per il riscatto degli schiavi. Il suo spirito di umiltà lo spinse a chiedere ai Superiori penitenze per le sue colpe commesse nel mondo. Per risposta gli fu imposto di comporre una Somma che descrivesse casi di coscienza a uso dei confessori. Dal 1224 al 1231 pubblicherà la Summa Raymundi includendo più titoli: Summa de iure canonico, Summa de poenitentia, Summa de Matrimonio. Sotto il titolo Responsiones ad dubitalia vengono raccolte numerose consultazioni giuridiche che Raimondo scrisse per risolvere problemi di coscienza nel foro interno che venivano presentati al Papa.
Il nome di Raimondo in breve ebbe molta risonanza per essersi speso alacremente in Spagna nella predicazione della crociata al seguito del Card. Giovanni d’Abbeville, Legato Pontificio. Stesso impegno lo profuse nella predicazione che Gregorio IX nel 1229 gli affidò per le province francesi di Arles e di Narbonne a favore della spedizione in Maiorca contro i Mori. L’anno successivo il Papa lo nominò cappellano e penitenziere con il preciso compito di expeditor petitionum pauperum a favore delle suppliche dei poveri.
Sempre sottomesso alla volontà dei Superiori e del Pontefice, una sola volta Raimondo vi si sottrasse quando il Papa gli propose in segno di stima e riconoscenza di diventare arcivescovo di Tarragona, dimostrando con questa rinuncia il più alto significato di gratuità con cui si era impegnato nel servire la Chiesa con generosità e competenza.
Raimondo accolse la richiesta del Papa di raccogliere e ordinare le decretali pontificie rimaste fuori dal Decretum Gratiani. Per questo la collezione delle Decretales Gregorii IX è detta anche Liber Extra. In quattro anni Raimondo portò a termine il lavoro secondo la metodologia illustrata da Gregorio IX nella bolla Rex Pacificus con cui il 5 settembre 1234 pubblicò la Collezione e la inviò alle Università di Bologna e Parigi quale diritto ufficiale da insegnare.
L’opera di Raimondo in cinque libri (iudex, iudicium, clerus, connubium, crimen) è consistita nel raccogliere le costituzioni e le decretali dei papi precedenti eliminando le contraddizioni e le parti confuse, introducendo le decretali di Gregorio IX e chiedendone a lui di nuove in caso di dubbi insolubili.
L’ingegno giuridico di Raimondo risalta dalla sua opera non meramente di raccolta. Il Pontefice la promulgò, quale ius novum il cui uso esclusivo nei tribunale e nelle università per decreto del Papa determinerà il superamento del ius antiquum. Entrate a far parte del Corpus iuris canonici, le Decretali di Gregorio IX resteranno in vigore fino alla promulgazione del Codex Iuris Canonici del 1917.
L’animo di Raimondo fu lontano dalla gratificazione che può giungere dai titoli e dalle onorificenze e la sola idea di diventare arcivescovo di Tarragona si narra che gli avesse scatenato una febbre per tre giorni. Suo malgrado, non riuscì a sottrarsi nel 1238 all’elezione a Maestro Generale dell’Ordine, il terzo dopo Domenico di Guzmán e Giordano di Sassonia, ma dopo soli due anni con grande umiltà Raimondo supplicò i Provinciali riuniti in Capitolo di essere sollevato dall’incarico per le crescenti infermità. La fragilità del corpo non gli impedì di visitare tutte le Province dell’Ordine e di completare l’opera di revisione della Regola in armonia con la mente di San Domenico. La codificazione raimondiana divenne la base delle Costituzioni e della legislazione di tutto l’Ordine fino al 1924.
Lo zelo missionario per Raimondo non fu solo un anelito, ma si tradusse in iniziative concrete come l’aver istituito a Tunisi la scuola per preparare nella conoscenza della lingua araba i missionari in Spagna, Marocco, Egitto, Siria e Asia. Uno Studium Haebraicum venne aperto a Murcia per facilitare i missionari nell’opera di conversione degli ebrei di Spagna. Si deve a Raimondo se Tommaso d’Aquino compose su sua richiesta la Summa contra Gentiles destinata alla scuola per i missionari.
Il desiderio di una vita solitaria e contemplativa accompagnò costantemente Raimondo, ma le rinunce che fu costretto ad abbracciare per l’alternarsi di varie responsabilità divise tra lo studio, il governo e la pastorale, hanno reso ancor più esemplare la figura di questo Santo che seppe anteporre alle sue aspirazioni il disegno provvidenziale, facendo della sua intera esistenza un dono che si tradusse in autentico servizio alla Chiesa.