Solennità di Maria madre di Dio 2021

01-01-2021

Solennità di Maria madre di Dio – Giornata della Pace

Duomo di Pavia – venerdì 1° gennaio 2021

Carissimi fratelli e sorelle,

Il primo giorno dell’anno coincide con l’ultimo giorno dell’Ottava natalizia, nel quale la Chiesa celebra la solennità di Maria madre di Dio. È il più antico titolo con cui è stata invocata Maria e racchiude in esso il mistero del Natale: Maria, umile donna d’Israele, è madre di Dio – una creatura madre del suo Creatore! – perché ha concepito e ha dato alla luce il Figlio di Dio che in lei e da lei ha preso la nostra reale umanità, divenendo un uomo tra noi.

Ora con Gesù appare nel mondo una presenza di pace, egli è la nostra pace, perché ci ha riconciliato con il Padre nella sua morte, vissuta come dono libero e supremo d’amore, e il primo dono cantato dagli angeli nella Notte Santa è proprio la pace: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14).

San Leone Magno in una sua omelia natalizia proclama: «Ora, per onorare la presente festa, che cosa possiamo trovare di più confacente, fra tutti i doni di Dio, se non la pace, quella pace che fu annunziata la prima volta dal canto degli angeli alla nascita del Signore? La pace genera i figli di Dio, nutre l’amore, crea l’unione; essa è riposo dei beati, dimora dell’eternità. Il Natale del Signore è il natale della pace» (Disc. 6 per il Natale 3. 5; PL 54, 213-216).

Per questo motivo, carissimi, il primo giorno dell’anno è diventato la Giornata Mondiale della Pace, giornata di riflessione e di preghiera per questo dono fondamentale, negato purtroppo a molti popoli che, talvolta da anni, conoscono tragicamente guerra, violenza, atti di persecuzione, ingiustizie e miseria, condizioni drammatiche di vita, aggravate dalla pandemia in corso.

Così, acquista una particolare forza l’antica preghiera della benedizione sacerdotale, consegnata ad Aronne e ai suoi figli, proclamata nella prima lettura: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6m24-26). La benedizione invocata da Dio si realizza quando il Signore fa risplendere su di noi il suo volto e ci fa grazia: ecco, in Gesù si compiono pienamente queste parole, perché davvero in lui risplende, nella nostra carne, il volto del Padre, in lui appare la grazia, l’amore gratuito e misericordioso di Dio, in lui ci è concessa la pace, come dono e come compito affidato alla nostra cura e alla nostra responsabilità.

Sì, fratelli e sorelle, la pace è un bene essenziale per la vita dei popoli, ed essa non è soltanto assenza di conflitti, è di più: è realizzare relazioni fraterne tra tutti gli uomini e le donne, è costruire un mondo più giusto dove si condividono le risorse e le ricchezze, è crescere in una cultura di rispetto e di accoglienza, superando ogni barriera, ogni forma malata di nazionalismo, di razzismo, di xenofobia, di paura dell’altro, è d amare e accogliere ogni vita umana, dal grembo materno al termine naturale dell’esistenza, soprattutto quando è debole, fragile, meno efficiente secondo i criteri miopi di certe visioni di morte.

Papa Francesco ha scritto per questa 54ª Giornata della Pace un messaggio di ampio respiro, sul tema “La cultura della cura come percorso di pace”. Il tema è stato scelto sullo sfondo della «grande crisi sanitaria del Covid-19, trasformatasi in un fenomeno multisettoriale e globale» (n. 1), una crisi da cui speriamo di uscire progressivamente nei prossimi mesi, che ha aggravato «crisi tra loro fortemente interrelate, come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria, e provocando pesanti sofferenze e disagi» (n. 1). Proprio la situazione che stiamo attraversando diventa un appello a sviluppare, nel nostro modo di pensare e di agire, nelle scelte e nelle pratiche di vita «la cultura della cura come percorso di pace. Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente» (n. 1).

L’esperienza di questi mesi, anche nella nostra città e diocesi, ci fa comprendere che solo riconoscendoci “fratelli tutti”, perché partecipi della stessa umanità e figli dello stesso Padre, e prendendoci cura gli uni degli altri, possiamo affrontare insieme la crisi sanitaria, sociale e umana che coinvolge il mondo: solo così si può edificare, con pazienza e passione, il bene della pace e della fraternità, di quell’amicizia solidale che il Papa indica come orizzonte di bene e di vita.

Questa è la sfida a cui siamo provocati dalle circostanze: diventare uomini e donne che si prendono cura gli uni degli altri, soprattutto dei più fragili, e del creato, come casa comune, creata da Dio per tutti, per noi e per le generazioni che verranno dopo di noi.

Nel Messaggio per la LIV Giornata della Pace, il Papa nella prima parte c’invita a guardare a Dio creatore, come origine della vocazione umana alla cura: è una vocazione che si manifesta nell’esperienza dell’essere padri e madri e dell’essere fratelli e sorelle in umanità. Anzi Dio stesso nelle pagine della Scrittura è colui che si prende cura delle sue creature, in modo particolare dei poveri, dell’orfano e della vedova, dello straniero, e questo tratto di tenerezza e di cura si rende ancora più trasparente nelle parole e nei gesti di Gesù: è lui il Buon pastore che ha a cuore ogni pecora del suo gregge, è lui il Buon Samaritano che si china sulla nostra umanità ferita.

La Chiesa, così, sulle orme del suo Signore, fin dagli inizi ha fatto delle opere di misericordia corporale e spirituale, una forma essenziale della sua testimonianza, e ha sviluppato nella sua dottrina sociale «un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato» (n. 6): è una “grammatica” della cura inscritta nel cuore dell’uomo, come si vede in questi mesi. Grazie a Dio, non mancano uomini e donne di ogni età, che in questi mesi si prendono cura, svolgendo la loro professione o nel volontariato libero e gratuito, dei poveri, delle famiglie in difficoltà, degli anziani soli, dei malati. Ebbene, per il Papa, questa è la risorsa fondamentale, è la bussola che deve guidare il cammino, e questa è la consegna che ci affida: «diventare profeti e testimoni della cultura della cura» (n. 7). Qui c’è un apporto originale che possono dare le donne, voi donne che avete, per natura, una maggiore sensibilità alla cura e alla tenerezza: Francesco parla di «un forte e diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in ogni ambito sociale, politico e istituzionale» (n. 7).

Vi è infine, da attivare e sostenere, un processo educativo per la promozione della cultura della cura, che coinvolge vari soggetti: le famiglie, la scuola e l’università, il mondo della comunicazione, le religioni con i loro responsabili. Perché davvero la cultura della cura, come modo d’essere e d’agire, «costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace» (n. 9).

Carissimi fratelli e sorelle, iniziamo con speranza e trepidazione i passi di questo nuovo anno, non facciamo mancare il nostro contributo e la nostra testimonianza per l’edificazione della pace e per il superamento concorde di questa crisi che ha colto di sorpresa il mondo e ha messo in luce fragilità, carenze e ingiustizie del sistema dominante: «Come cristiani, teniamo lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, Stella del mare e Madre della speranza. Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca».

Che Maria, madre di Dio e madre degli uomini, accompagni il nostro cammino. Amen!