“Nel leggere e discernere quello che Dio ci chiede, attraverso la circostanza imponente della pandemia in corso nel mondo intero, nel cercare di comprendere come essere una comunità cristiana viva e aperta alle sfide della realtà, partiamo da uno sguardo attento e affettuoso a Gesù il Vivente, mettiamoci in ascolto della sua parola, impariamo a guardare l’esistenza e la storia con gli occhi di Cristo. Prima di mettere a fuoco domande e prospettive, guardiamo come Cristo aiutava i suoi discepoli e le folle la lasciarsi interrogare dai segni di Dio, nascosti sotto la superficie degli eventi”. E’ una delle esortazioni contenute nella nuova Lettera Pastorale del Vescovo di Pavia, Mons. Corrado Sanguineti, dal titolo “Coraggio, sono io, non abbiate paura”, che da qualche settimana è a disposizione dei fedeli presso l’Ufficio Pastorale della Curia Vescovile, in piazza Duomo; insieme alla Lettera sarà possibile ricevere anche “Una Parola Amica”, il messaggio dei Vescovi lombardi rivolto a donne e uomini della Lombardia e nato durante l’ultimo incontro svoltosi a Caravaggio il 17 settembre.
Gli interrogativi dei sacerdoti: come essere di aiuto?
La Lettera 2020 nasce anche da un confronto diretto con i sacerdoti che il Vescovo ha voluto avere a più riprese e da cui sono emersi interrogativi importanti. Ecco alcune notazioni centrali: “La gente ci ha chiamati in causa come esperti del senso della malattia e della morte; si è rivolta a noi cercando risposte e consolazioni. Dobbiamo riconoscere di essere rimasti ammutoliti e disarmati di fronte a tanto dolore”; “Molti preti che si sono proposti sui mass-media hanno fatto emergere la fragilità teologica media del clero: capaci di raggiungere emotivamente le persone, ma non di offrire riflessioni all’altezza dell’inedita situazione storica che stiamo vivendo”; Ci tornano alla mente le parole del Salmo 46: ‘Fermatevi, e sappiate che io sono Dio’. A noi che siamo così abituati ad essere per il nostro ruolo al centro di tutto, questo monito è diventato quanto mai provvidenziale”. In questa situazione di confusione e incertezza sono fondamentali le risposte certe della Parola: “Chiedo ai sacerdoti e ai diaconi permanenti di dare tempo nella preparazione di omelie nutrite della Parola e capaci di parlare alla vita delle persone e di dare valore e sostanza alla predicazione nelle celebrazioni dei funerali. E’ l’occasione per un annuncio non banale e vero della speranza cristiana”. Al centro, dunque, deve tornare il “kerigma”, parola usata nel Nuovo Testamento per indicare l’annuncio del messaggio cristiano dato da Gesù.
Il ruolo dei Media diocesani e della Missione
In una situazione delicata come quella che abbiamo vissuto e che continua, seppur in condizioni differenti, ritorna ad essere centrale il ruolo della comunicazione, vissuta come mezzo di diffusione del messaggio cristiano: “Abbiamo anche qui un ‘cantiere aperto’ che chiede di osare di più, potenziando l’uso intelligente e competente dei social diocesani – scrive Mons. Sanguineti – si tratta di una Chiesa che impara ad abitare, con il suo volto e il suo messaggio, il mondo nuovo della comunicazione ‘a distanza’ e le modalità più informali ed immediate dei social. Resta anche lo strumento più tradizionale, con il suo valore e le sue caratteristiche, del settimanale diocesano Il Ticino (in formato cartaceo e digitale): chiedo alle nostre parrocchie ed a tutti i sacerdoti di sostenere e far conoscere il settimanale e di farlo diventare sempre di più espressione e riflesso della vita della comunità anche attraverso l’invio di articoli, la segnalazione di eventi e la promozione di persone che facciano da collegamento con la redazione del giornale”.