“Si tratta di un fatto grave, che apre grandi interrogativi, perché, anche se la sentenza pone alcuni “paletti”, si crea un “vulnus” nell’ordinamento legislativo, autorizzando, a determinate condizioni, la pratica del ‘suicidio assistito’. Rischiamo così di metterci su un piano inclinato che conduce a certe prassi che purtroppo caratterizzano alcuni Paesi europei, dove si giustifica il ricorso all’eutanasia e al suicidio assistito anche per ragioni e condizioni che facilmente possono determinarsi nell’esistenza di una persona (es. depressione, anoressia)”.
E’ l’incipit dell‘editoriale del Vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, pubblicato sul settimanale Il Ticino uscito venerdì 4 ottobre e dedicato alla sentenza della Corte Costituzionale sulla depenalizzazione del suicidio medicalmente assistito, in caso di «patologia irreversibile» e segnata da sofferenze «fisiche o psicologiche» ritenute «intollerabili», richiesto tramite il Servizio Sanitario Nazionale da una persona «pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
Nel suo intervento (scaricabile a questo link) monsignor Corrado afferma, tra le altre cose, che “C’è una mentalità crescente che invoca un preteso ‘diritto alla morte’, come libera autodeterminazione della persona, o ragioni di pietà e di dignità che giustificherebbero la cessazione delle cure. Come dimostra ciò che sta accadendo in Olanda e in Belgio, si tende così a considerare chi è in condizioni di grave fragilità un soggetto che alla fine diventa un peso per la società e per chi lo deve curare, accentuando un drammatico senso d’inutilità nel cuore del malato che trova un motivo in più per togliere il disturbo”.