“Leggo spesso che don Enzo viene definito ‘un prete di strada’. Penso che non sia esattamente così, o che per lo meno la definizione sia riduttiva: lui le persone dalla strada prima le ascoltava e poi le toglieva”. Sorride don Arturo Cristani, ancora emozionato davanti alla notizia del decreto riguardante le “virtù eroiche” di don Enzo Boschetti, firmato da Papa Francesco lo scorso mercoledì 12 giugno e che di fatto ha reso Venerabile il fondatore della Casa del Giovane di Pavia. “La ‘santità’ di don Enzo è una caratteristica diversa dal sentire comune ed estremamente concreta, come d’altronde era tutto il suo modo di agire – ha ricordato don Arturo -. Non è il classico santo da ‘prega lui che ti va tutto bene’: quel tipo di religiosità non incarnata non era fatta per lui, la sua fede era estremamente reale e l’approccio di don Enzo verso gli altri era esistenziale, autentico e caratterizzato da una profondità rara perché lui sapeva ascoltare. L’idea comune di santità è diversa, possiamo dire che la santità di don Enzo era il suo voler bene al mondo e alle persone con tutto sé stesso”.
La “Accoglienza promozionale” e il vero valore delle persone
Ben lungi da discorsi moralistici e da giudizi di facciata, don Enzo sapeva educare ed accogliere tutti coloro che lo incontravano tracciando per loro un percorso di vita che puntava all’autonomia e che è valido a tutti gli effetti ancora oggi: “Tante volte lo abbiamo sentito parlare di ‘accoglienza promozionale’ – ha detto ancora don Arturo -. Si tratta di un concetto educativo particolarmente profondo che prevedeva un percorso di crescita verso l’autonomia dei ragazzi; spesso don Enzo diceva che educare significa aiutare un povero a diventare capace di voler bene agli altri e questa indicazione, più attuale che mai, ci arrivava già alla fine degli anni settanta. L’obiettivo della sua azione non era mai quella di dire ‘smetti di usare sostanze, trovati un lavoro e sei a posto”, che poi è solo una parte della questione: il suo scopo era quello di far raggiungere alla persona la propria consapevolezza. Per questo aveva un’idea dell’individuo e non soltanto della categoria sociale evitando sempre di focalizzarsi su un solo aspetto della situazione vissuta da chi aveva davanti”.
L’intervista completa a don Arturo Cristani è riportata sul settimanale diocesano Il Ticino di venerdì 21 giugno.