In questa domenica, in tutte le Diocesi del mondo, eccetto Roma, si conclude la celebrazione del Giubileo straordinario della misericordia: Papa Francesco, domenica prossima, nella solennità di Cristo Re dell’universo, chiuderà la Porta Santa nella Basilica di San Pietro, e con tale atto, esprimerà la conclusione dell’Anno Santo anche per la Diocesi e la città di Roma.
In questa Eucaristia, vogliamo innanzitutto rendere grazie al Padre per tutto il bene che il Giubileo ha suscitato nelle nostre comunità, nei cuori di tante persone: ovviamente solo Dio può misurare e valutare l’opera della sua grazia, e solo Lui sa quali frutti sono maturati in noi e nella nostra Chiesa di Pavia. Certamente, in questi mesi, la nostra Cattedrale ha visto tanti fedeli raccogliersi qui in preghiera, varcando la Porta della misericordia: sia nelle celebrazioni comunitarie, nei pellegrinaggi dei vicariati e di tante parrocchie, nei gruppi dei ragazzi e dei bambini che, nel cammino dell’anno, sono venuti qui, guidati dai loro sacerdoti, catechisti e animatori; sia nelle visite delle singole persone, che si sono raccolte in preghiera, che hanno ricevuto la grazia del perdono nel sacramento della Riconciliazione, che hanno assunto, nel cuore, veri impegni di conversione. In questo momento penso anche ai malati che dalle loro case, anche attraverso Radio Ticino, si sono uniti con il cuore alle celebrazioni nella nostra Cattedrale, e così hanno potuto ricevere il dono dell’Indulgenza; penso ai degenti negli ospedali, agli anziani nelle loro residenze di cura, che hanno vissuto la grazia del Giubileo, partecipando alle Messe giubilari celebrate nei loro luoghi; penso ai carcerati, con i quali domenica scorsa ho celebrato il loro Giubileo, e che hanno avvertito, lungo quest’anno, la vicinanza del Papa e della nostra Diocesi, attraverso tante persone che cercano di costruire con loro una rete di relazioni e di comunione.
Per tutto questo rendiamo grazie a Dio! Certamente uno dei frutti che l’Anno Santo lascia a noi è la riscoperta della Cattedrale come cuore orante della nostra comunità diocesana: ed è bene che sia sempre più così, che le nostre comunità parrocchiali e tutti i fedeli sentano e vivano la Cattedrale come la Chiesa di tutti, proprio come chiesa del Vescovo, che custodisce il segno della sua cattedra. Sappiamo che solo da pochi anni il nostro Duomo è stato riaperto: ebbene, facciamo tesoro dell’esperienza vissuta nell’Anno Santo, rendiamo la Cattedrale davvero casa di tutto il popolo di Dio, che qui si raccoglie, intorno al suo pastore, che qui onora la presenza del suo patrono san Siro e dei pastori che hanno guidato la nostra Diocesi nei secoli, che qui vive la memoria grata della sua storia e del suo cammino, segnato dal dono di tanti testimoni di santità e di fede.
Fratelli e sorelle, le letture di questa domenica sono intonate a questo tempo finale dell’anno liturgico e chiaramente ci invitano a guardare alle realtà definitive del nostro destino e della nostra storia: sia nel passo del profeta Malachìa, seguito dal salmo responsoriale che abbiamo pregato, sia nel vangelo di Luca, dove Gesù annuncia il mistero dei tempi ultimi, ci mettono di fronte alla prospettiva del giudizio che Dio realizzerà nel giorno della sua manifestazione, nel giorno della venuta gloriosa di Cristo, Figlio dell’uomo, Signore della storia.
Il linguaggio del profeta, come quello del Vangelo, non va inteso come una sorta di descrizione fotografica dei giorni finali: è un linguaggio carico d’immagini, che vuole esprimere una realtà. La realtà di un giudizio, dello svelamento della verità, che riguarda la vita di ogni uomo, ed è un giudizio che porta alla luce l’opposto esito dell’esistenza: per chi avrà riconosciuto Dio, e lo avrà servito e amato nei fratelli, «sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia» (Mal 3,20), chi invece avrà chiuso il cuore e avrà vissuto nella menzogna e nell’ingiustizia, si sarà per sempre escluso dalla comunione beatificante e luminosa con il Dio vivente!
Gesù, da parte sua, annuncia la rovina del grande tempio di Gerusalemme, come un segno profetico della fine, ma di fronte alla domanda di quando accadranno queste cose, non offre delle indicazioni temporali, ma indica come vivere questi tempi. Perché, in realtà, i tempi ultimi sono già iniziati, con la sua venuta, con la sua Pasqua di morte e di risurrezione, con l’effusione del suo Spirito, che accompagna il cammino della Chiesa, e certo modo, il giudizio inizia ora, nella decisione e nella posizione che assumiamo di fronte a lui, di fronte al suo Vangelo, di fronte ai suoi fratelli più piccoli, con i quali oggi il Signore s’identifica e attraverso i quali oggi visita la nostra vita: l’affamato, l’assetato, il nudo, il malato, lo straniero, il carcerato, chiunque sia nel bisogno e nella sofferenza, chiunque sia ferito dalla vita!
Ecco, allora, il richiamo di Cristo a non lasciarci ingannare da falsi maestri: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!» (Lc 21,8). L’invito a non temere, perché la storia, anche se travagliata da eventi drammatici – guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie, pestilenze – è nelle mani di Dio; infine, l’annuncio chiaro che i suoi discepoli incontreranno opposizioni e persecuzioni, perfino odio da parte di tutti, e queste parole trovano una conferma impressionante lungo tutta la storia della Chiesa, fino ai nostri fratelli cristiani oggi perseguitati per la loro fede, in tanti paesi del mondo! Ma anche qui, prevale una parola di speranza, che illumina e sostiene il nostro cammino quotidiano di fedeltà: «Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21,18-19).
Ecco, fratelli e sorelle, potrebbe sembrare, a prima vista, che la parola di Dio, in questa domenica, sia poco intonata all’annuncio della misericordia, sembri quasi in dissonanza con la conclusione del Giubileo della misericordia. Ma non è così, perché la misericordia di Dio, che prende volto e carne in Gesù, non è un “buonismo” che tollera tutto, non è indifferenza al male e al peccato, ma è un amore appassionato e tenero, che vuole la salvezza di ogni uomo, una salvezza accolta nella libertà e non imposta. Perché una salvezza, una felicità che non fosse libera, che non passa attraverso la nostra libertà, sarebbe una salvezza da schiavi, una felicità non da uomini!
In questo amore appassionate e viscerale, che ha a cuore il nostro destino eterno, Dio fa di tutto, tenta tutte le strade per aprirsi un varco nel cuore di ogni uomo e di ogni donna, ma, alla fine, anche il Signore sosta davanti alla soglia inviolabile della nostra libertà. Come diceva il nostro grande Sant’Agostino: «Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te» (Sermo CLXIX, 13).
In questa luce, non dimentichiamo che, se ci conclude l’Anno Santo, resta sempre aperto il tempo della misericordia, che Cristo ha inaugurato con la sua venuta tra noi, resta sempre vivo l’appello alla nostra libertà, perché ci lasciamo ricreare dal perdono del Padre, perché, ogni giorno, il nostro sguardo e il nostro cuore siano rivolti a Gesù, tesi a riconoscere i segni della sua presenza nella nostra vita, nella nostra storia.
Nel desiderio di vivere davvero il tempo che Dio ci regala, come tempo da rendere ricco e fecondo di bene, riscoprendo e praticando le opere di misericordia, come Chiesa che in Pavia, desidero annunciare due segni che resteranno come frutto e memoria di questo Giubileo della misericordia. Si tratta della Casa Laurentii, che sorge accanto alla chiesa di San Giovanni Domnarum, adattata come housing sociale, e che presto inizierà a funzionare per l’accoglienza temporanea di persone con difficoltà abitative, e del dormitorio, realizzato attualmente nei locali dell’ex-istituto San Giorgio, per persone senza fissa dimora. Entrambe le due strutture sono affidate alla gestione della Caritas diocesana, che opera con l’aiuto di tanti volontari: ovviamente chiunque può rendersi disponibile, in queste realtà, o in altre iniziative di servizio, di carità e di volontariato, per vivere concretamente le opere della misericordia, offrendo parte del suo tempo, per condividere i bisogni dei nostri fratelli più poveri, e vivere così la bellezza dell’amore gratuitamente ricevuto e donato.
«Al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore» (San Giovanni della Croce): l’annuncio del giudizio, verso cui è incamminata la nostra vita, insieme alla rivelazione dell’inesauribile misericordia di Dio, ci scuotano dal nostro torpore e ci rendano discepoli innamorati di Cristo, servi premurosi e fedeli dei nostri fratelli in umanità! È la più grande testimonianza che siamo chiamati a vivere e dare nei nostri tempi! Amen
+ Corrado Sanguineti
Vescovo di Pavia