Già dall’ingresso ci si sente subito accolti. E in pace. Una sensazione particolare: sembra di tornare a casa. E per chi da casa è lontano e deve risiedere a Pavia per curarsi o far curare un familiare, quella sensazione è vita. In via Pedotti, nel cuore del centro storico della città, c’è la Casa della Carità, struttura voluta dal Vescovo di Pavia mons. Giovanni Volta e destinata ad accogliere i parenti degli ammalati che, da tutta Italia e dall’estero, raggiungono ospedali e case di cura pavesi. È condotta da don Mauro Astroni, coadiuvato da una piccola comunità di religiose, Missionarie di Maria Mediatrice (Suor Angela, Suor Amparo e Suor Shyla) e da alcuni volontari e si sostiene con l’aiuto generoso di tanti fedeli e delle persone che vi soggiornano. È anche accompagnata e supportata dall’Associazione “Buon Samaritano” odv, costituita dai volontari e dagli operatori assunti per far fronte a tutti i tipi di necessità che le diverse situazioni individuali presentano.
“Accogliamo con familiarità: stando insieme le cure funzionano meglio”
Prendersi cura, accogliere con fraternità, creare momenti di condivisione e comunità. Perché insieme è più facile. Così funziona la Casa della Carità, mettendo sempre l’altro al primo posto: “Siamo convinti che curare la Casa, il giardino, preparare i pasti, condividerli con coloro che vogliono mangiare con noi, voglia dire fare famiglia e rendere più leggero un percorso il percorso di cura he viene intrapreso – sottolinea don Mauro Astroni mentre siede al tavolo della sala da pranzo, quello che due volte al giorno accoglie chi desidera non rimanere da solo -. La malattia è un momento della vita sempre doloroso e siamo convinti che creare un clima familiare possa permettere di far sentire anche chi bene non sta. Rendere l’ambiente una casa significa curare tanti particolari a cui abbiamo voluto prestare attenzione e a cui ci dedichiamo tutti i giorni con dedizione. I nostri ospiti, che vengono da lontano, sono spesso spaesati e resi incerti dai problemi che li affliggono; inoltre si devono muovere in ambienti ospedalieri estranei, che risultano sempre impersonali e di difficile approccio. Siamo rimasti sempre aperti, è stata una scelta non facile durante il periodo della pandemia, soprattutto durante il primo lockdown, quando i pericoli erano continui e la paura si sentiva ovunque. Ma Dio ha voluto che non ci accadesse nulla, e noi siamo andati avanti ad aiutare”. Va detto che numerosi ospiti che trovano casa in via Pedotti sono in cura per patologie legate a forme tumorali, anche del sangue: molti sono in cura in ematologia, altri si sottopongono a trattamenti specifici al Cnao. Si tratta di situazioni non facili che necessitavano di supporto anche durante il dramma del Covid-19 e chiudere sarebbe stato un duro colpo per loro in una situazione già al limite. Oggi alla Casa della Carità di via Pedotti ci sono 35 posti letto.
La proposta del “pernottamento sospeso”
La crisi ha davvero colpito senza riguardo anche coloro che vivono un momento non facile di cura e debbono spostarsi. Per questo don Mauro lancia una proposta: “In questo periodo ho sentito spesso parlare di caffè o pane sospesi e io volevo provare con il pernottamento: chiediamo, a chi può, 15 euro a notte a persona come offerta minima, quindi perché non donare?”. A sostegno delle attività di accoglienza di via Pedotti c’è l’ “Associazione Buon Samaritano”, organizzazione di volontariato che è composta da tutti volontari che affiancano e sostengono la Casa con la loro opera e con i loro contributi. E’ possibile dare una mano anche donando il 5×1000 (CF 96059790186). La Casa è aperta tutti i giorni dalle ore 8.00 alle ore 22.00, alla sera alle ore 20 è possibile ritrovarsi insieme per una cena conviviale, previa segnalazione della propria adesione alla mattina prima di uscire o comunque entro le 17; per questo servizio si chiede un’offerta di 3 euro.
Armonia e la gioia delle piccole cose
“Chi ha attraversato personalmente la soglia della sofferenza, chi accompagna un ammalato e lo accudisce nel decorso della malattia, ha bisogno di tornare “a casa” la sera e di trovarvi un’aria di famiglia che rasserena e alleggerisce lo spirito da tanti pesi” – prosegue don Mauro -. Tuttavia c’è un bene di cui più di tutto l’uomo sofferente ha bisogno: l’amorevole dedizione personale, per questo la nostra casa si propone come un luogo vivo, animato dalle persone che vi operano offrendo aiuto materiale, ristoro e soprattutto vicinanza umana. I nostri ospiti non si conoscono, ma possono ritrovarsi tutti insieme intorno a una tavola ben apparecchiata, dove la cena è semplice, ma cucinata con cura perché la convivialità riscalda il cuore, crea legame e talvolta anche amicizia”. Spesso, per via delle numerose e diverse provenienze e dei ritorni di chi deve proseguire le cure, la Casa si colora di profumi di pietanze diverse ma anche di lingue e idiomi differenti; nella difficoltà poi, tanti trovano consolazione nell’aiutarsi a vicenda, nel supportarsi. E la Casa si riempie di bene diffuso.
“Don Mauro è come un padre”
“Mio figlio ha iniziato le cure per una leucemia a Pavia quando aveva tre anni – racconta Isli, giunta con il marito dall’Albania -. Io sono qui alla Casa da quasi due anni. Per noi trovare questo posto è stato un grande sollievo, è tutto bello e don Mauro è come un padre”. Di fatto oggi il bimbo, che ha 5 anni, è quasi diventato la mascotte della Casa: aiuta don Mauro alla sera a chiudere tutte le porte e verifica che tutto sia in ordine. A testimonianza che il bene distribuito torna sempre indietro.
(Articolo pubblicato sul settimanale diocesano Il Ticino del 14.05.’21).