All’indomani della Visita ad Limina dei Vescovi della Conferenza Episcopale Lombarda, la CEL ha diffuso una riflessione dal titolo “Le parole per raccontare l’essenziale”. Eccola riportata qui di seguito.
Sulla visita ad limina
Le parole per raccontare l’essenziale
1. La speranza.
Nelle nostre terre di speranza non ce n’è più. L’opinione diffusa è che siamo fatti per finire nel nulla. I discepoli di Gesù sanno della speranza: è l’àncora piantata nella terra promessa e la vita è procedere facendo scorrere la corda tesa che definisce la direzione e chiede lo sforzo di restare attaccati e avvicinarsi alla riva tirando la corda. I discepoli di Gesù hanno la missione di testimoniare e appassionare la gente alla speranza, alla meta desiderabile. Questo una delle parole di Papa Francesco. La stessa parola è stata meditata e condivisa in molti dicasteri visitati.
2. L’ascolto.
Gli incontri con i responsabili di tutti i dicasteri sono stati impostati su un’ora o poco più di ascolto reciproco. I Vescovi avevano qualche cosa da dire, domande da sottoporre, esperienze da raccontare. I responsabili dei dicasteri avevano qualche cosa da dire, domande da porre, esperienze da raccontare. Nessuno aveva ricette per risolvere i problemi, ma certo indizi per un percorso. Nessuno aveva rimproveri da muovere. In tutti gli incontri si è praticato un ascolto attento, caratterizzato da stima reciproca, arricchito da relazioni introduttive e dalla lettura dei testi inviati dalle Diocesi, incoraggiante nel raccogliere germogli di novità, proposte di futuro, conferme di buone pratiche.
3. La sinfonia delle presenze e delle voci.
I Dicasteri attestano le novità raccomandate da Papa Francesco: uomini e donne di ogni paese, preti, vescovi, specialisti e specialiste che lavorano insieme, che parlano un perfetto italiano e anche molte altre lingue, che hanno dirette responsabilità per il loro ufficio. Si può lavorare insieme, si può lavorare bene, si può condividere la missione con piena responsabilità, non solo per produrre documenti e raccomandare iniziative, ma anche per cercare insieme con le nostre Chiese locali risposte alle sfide e proposte lungimiranti.
4. Complessità e complicazioni
L’opera dei Dicasteri che abbiamo visitato si rivela complessa per un impegno di conoscenza, di interazione, di vigilanza su tutta la Chiesa diffusa nel mondo: si può immaginare quante informazioni, quante problematiche, quanti interrogativi giungano alla Santa Sede. L’opera di ogni Dicastero diventa poi propositiva di convocazioni, documenti, interventi che si accumulano e diventano talora più complicazioni che aiuti.
5. Soprattutto la missione
In tutti gli incontri, in particolare con Papa Francesco, è risultato evidente l’invito, il proposito di orientare tutta la vita della Chiesa alla missione di annunciare il vangelo a ogni creatura. Il contesto in cui viviamo si rivela spesso estraneo all’annuncio evangelico, indifferente rispetto se non ostile e prevenuto nei confronti della Chiesa, rassegnato e incredulo rispetto alla speranza, sospettoso anche verso le opere di carità. Anche nella comunità cristiana l’ardore si intiepidisce, la gioia del vangelo risulta talora evanescente. Siamo fragili, in un mondo fragile. Ma da tutti abbiamo ricevuto l’incoraggiamento a non essere complessati, a non accontentarci di pregiudizi generici, a non sottrarci all’impegno di accogliere tutti, tutti, tutti, a insistere per una formazione di discepoli missionari che sappiano parlare le lingue del mondo e rendersi presenti, uniti e coerenti, dove sono vivono, pensano, operano le sorelle e i fratelli del nostro tempo. La missione chiede uomini e donne, preti, consacrati, consacrate che siano un cuore solo e un’anima sola, che sappiano comminare insieme con stile sinodale, che siano pronti a cogliere le occasioni della grazia nell’anno giubilare e in ogni tempo. Lo stile della missione, come ci ha raccomandato Papa Francesco, è fatto di prossimità, compassione, tenerezza. Così tutti, tutti, tutti devono essere accolti perché tutti siano chiamati a conversione e santità.