Una storia che si mescola alla leggenda ed inizia a Roma tra il II e il III secolo, al tempo delle persecuzioni cristiane ordinate dal prefetto Almachio. Cecilia era una ricca e nobile romana che si convertì segretamente al cristianesimo e fece voto di castità. Fu però data in sposa ad un giovane di nome Valeriano. Durante il banchetto di matrimonio, mentre tutti festeggiavano con canti e musica, in cuor suo Cecilia cantava lodi al suo mistico e vero sposo: Gesù. Cecilia confessò il suo voto a Valeriano che si convertì al Cristianesimo e la notte del matrimonio ricevette il battesimo da papa Urbano I. Vissero insieme come fratelli, ma furono scoperti, torturati e condannati a morte. Cecilia fu prima soffocata con del vapore ma non mori. Fu decapitata con tre colpi d’ascia e spirò dopo quattro giorni di agonia; venne poi deposta nella tomba vestita di broccato d’oro. Fu Papa Urbano I, sua guida spirituale, a renderle degna sepoltura e, come racconta la Legenda Aurea, «seppellì il corpo di Cecilia tra quelli dei vescovi e consacrò la sua casa trasformandola in una chiesa, così come aveva chiesto». Il corpo di Santa Cecilia rimase nel complesso cristiano delle catacombe di San Callisto fino all’821 quando papa San Pasquale Io fece trasportare in Trastevere nella basilica a lei dedicata.
Le motivazioni che hanno poi portato Santa Cecilia ad essere proclamata patrona della musica sono incerte e un primo documento che unisce Cecilia alla musica risale al tardo
Medioevo. Santa Cecilia sembra essere diventata patrona dei musicisti per un’interpretazione di un canto latino, l’antifona di introito della messa nel giorno della sua festa, che recita: Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar.
(Mentre suonavano gli strumenti musicali, la vergine Cecilia cantava nel suo cuore soltanto per il Signore, dicendo: “Signore, il mio cuore e il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa”).
Col tempo questi versi hanno portato a pensare che Santa Cecilia cantasse le sue parole al Signore, mentre molto probabilmente queste erano solo recitate a mente. Un’altra interpretazione collega il testo non al banchetto di nozze, ma al momento del martirio e traduce “organis” non come “strumenti musicali”, ma
“strumenti di tortura”. L’antifona descriverebbe dunque la Santa che, tra gli strumenti di tortura, cantava a Dio nel suo cuore.
Sta di fatto che è lei che i musicisti e i cantori festeggiano oggi, chiedendole di saper cantare bene a Dio, con arte.
In ogni parrocchia, ogni Coro (anche il più piccolo), si senta parte di questo dono che ha ricevuto dal Signore e lo valorizzi come canto per la liturgia di lode e come strumento di evangelizzazione.
don Riccardo Santagostino Baldi
(Ufficio liturgico – Sezione Musica Sacra)
(In foto, il Coro della Cattedrale con il Vescovo Corrado).