Desiderava portare negli ospedali della sua epoca, luoghi noti per sofferenze, desolazione e nessuna cura per i poveri degenti, persone che “non per mercede, ma volontariamente e per amore d’Iddio gli servissero con quell’amorevolezza che sogliono fare le madri verso i propri figli infermi”. Camillo de Lellis, la cui morte avvenne il 14 luglio del 1614 a 64 anni, aveva condotto una vita giovanile dissoluta e si era convertito dopo essere stato quasi per caso (di fatto, vi era andato a svolgere un lavoro per ricavarci qualche soldo) dai frati Cappuccini di San Giovanni Rotondo. Un’esistenza che rasenta l’incredibile e che racconta di un uomo tutto dedito al sollievo della sofferenza, alla cura e alla “rivoluzione” delle attenzioni che vanno riservate ai malati.
Domenica 16 luglio alle ore 10 il Vescovo di Pavia presiederà una Santa Messa all’Ospedale San Matteo per celebrare e ricordare la figura di San Camillo: i Padri Camilliani, infatti, sono presenti e attivi da tempo nel nosocomio pavese e si occupano della pastorale della sanità e della salute; ogni giorno è possibile trovarli accanto, suddivisi per reparti, ai malati che ricoverati. Un servizio discreto, puntuale e di vicinanza, che li vede impegnati anche come ministri dei sacramenti, ma non solo. Nella scia del loro fondatore.
“Il Vescovo viene ogni anno qui al San Matteo a celebrare con noi la ricorrenza di San Camillo de Lellis – commenta padre Giacomo Bonaventura, cappellano al San Matteo nel gruppo dei Camilliani coordinato da padre Mario Viganò -, ma non solo perché lo vediamo arrivare spesso qui all’ospedale. Per noi è sempre una visita molto gradita che dimostra quanto il Vescovo Sanguineti tenga alla visita e alla vicinanza ai malati, tanto da venire anche cinque o sei volte l’anno in clinica. Si tratta di una sensibilità pastorale verso le persone ricoverate che non può che farci piacere. Ciò che noi Camilliani facciamo ogni giorno segue il Carisma del nostro fondatore, patrono universale dei malati, degli infermieri e degli ospedali: serviamo i malati con piccoli e semplici gesti, con parole di incoraggiamento e scambi di sentimenti. Tutto si compie nei rapporti interpersonali, nel contatto con il singolo e con la famiglia e nell’incontro durante il quale è possibile ascoltare confidenze, storie personali e racconti spesso segnati da sofferenze e speranze”.