“Mi pare che in questo sistema scricchiolante, fatto di sfruttamento, aggressività e avidità, la comunità cristiana debba farsi protagonista di una nuova civiltà indossando le armi della luce, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo. Lo stesso Sant’Agostino ci ispira: forse, la nuova civiltà sarà caratterizzata da una specie di gioia della verità (non un sistema con frasi da ripetere ma una relazione che dà gioia!), forse stabilirà rapporti che possiamo chiamare amicizia, un modo di considerarsi gli uni gli altri come persone che si stimano, che imparano fra loro e rendono gli altri migliori. Forse saremo capaci di costruire una nuova civiltà nella pratica di sollecitudine per la giustizia, per la stima verso i poveri, per bellezza che possa consolare. Siamo in un momento in cui ci è chiesto di convertirsi e di dire che è tempo di svegliarsi dal sonno, in cui dobbiamo vigilare per non correre incontro al nulla. Non conosciamo le risposte a tutte le domande, lo Spirito Santo ci guiderà a condividere la gioia”.
Così Mons. Mario Delpini, arcivescovo metropolita di Milano, nell’omelia che ha pronunciato durante la solenne celebrazione in occasione della Festa della Conversione di Sant’Agostino nella Basilica di san Pietro in Ciel d’Oro. Una riflessione intensa che ha voluto disegnare un parallelismo concreto tra la conversione di Agostino e il rapporto con la sua epoca, che tocca quella che stiamo vivendo ora, densa di nubi scure e caratterizzata da un senso di fine quasi imminente: “Anche il nostro tempo può riconoscersi come era Agostino nel suo mondo antico: colto, critico, gaudente, scettico e angosciato dalla domanda ‘e dopo? E perché’? La conversione di Agostino rappresenta la conversione di un’epoca, la fine del mondo antico, la conversione alla quale il mondo ci chiama oggi anche attraverso la storia del Santo di Ippona e che forse comprende anche la conversione del mondo contemporaneo. E’ il tempo di svegliarsi dal sonno, il momento del ritornare in sé, esasperati come siamo esasperati dalla condizione che ci costringe a pascolare con i porci degli altri come accadeva il figliol prodigo. Forse bisogna aver provato la fame per apprezzare il vitello grasso o aver sperimentato l’angoscia del buio per gioire dell’avvicinarsi del giorno. La conversione di Agostino e la fine del mondo antico non è stato un ritorno a casa come il figlio prodigo rassegnato ad essere un dipendente in casa propria, ma è il principio della festa nella casa paterna, è la rivelazione della misericordia del padre che non è padrone ma abbraccio che salva, che dona nuova vita e che riveste del signore Gesù”.
La conversione di Agostino è quindi un evento storico e contemporaneamente l’avvio di una nuova civiltà, di un nuovo sapere umano, di una festa che rallegra la terra che si oppone al sistema di oggi e al quale la comunità cristiana può provare a porre un rimedio compiendo, come Agostino, una vera conversione.
Nella mattinata del 24 aprile la celebrazione è stata presieduta dal Vescovo di Pavia, Mons. Corrado Sanguineti:
QUI L’OMELIA COMPLETA PRONUNCIATA DAL PRESULE PAVESE