“Durante il periodo della pandemia ho avuto modo anch’io di fermarmi a riflettere sulla vita: ciò che avremmo dovuto imparare è di tornare all’essenziale delle cose e di non lasciare mai indietro la Bellezza che è Dio stesso”. Don Siro Cobianchi, direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Pavia dal 1992, richiama spesso l’attenzione sul ruolo dell’arte nell’esistenza di ogni persona rimarcandone anche l’importanza della tutela, dai lavori di restauro, alla valorizzazione dell’arte al servizio del culto. E torna a farlo con la lucidità che lo contraddistingue, rimarcando come, nel mondo d’oggi, la Bellezza sia una via ancor più necessaria per combattere la generale deriva che caratterizza l’odierno.
“Bellezza non è né esteriorità né tendenza all’utile ad ogni costo – considera don Cobianchi -. Oggi se una cosa non mi piace, semplicemente la scarto, come molti ragazzi sono soliti fare: bellezza non è solo ciò che piace, è qualcosa di più profondo: è la nostra umana vocazione. La bellezza è dunque utile per la nostra esistenza. Non si può pensare di conservare qualcosa solo perché ci piace e poi scartarlo. Che la bellezza non sia semplicemente esteriorità lo capiamo anche analizzando relazioni di amicizia o affettive, e pure nel matrimonio: gli affetti durano se si basano su radici salde e non sul mero ‘consumo’ dell’altro che mi vive accanto. I greci buttavano i figli deformi da una rupe: mi domando, ami tuo figlio solo perché bello oppure perché è tuo figlio, ossa delle tue ossa? Quante mamme oggi spendono la loro intera esistenza nella cura di un figlio disabile! Secondo me proprio lì c’è la bellezza più pura, quella dell’amore incondizionato. Amore che ci riporta inevitabilmente a Dio, di cui noi siamo assetati! Paolo VI diceva che noi siamo assetati di Bellezza”.
L’idea di bellezza nella fede della Chiesa
“Dunque, una cosa è bella perché contribuisce alla realizzazione della persona che la contempla amando – considera ancora don Cobianchi -. Nel mondo greco la bellezza è ridotta all’armonia delle cose e alla bellezza fisica; Agostino ribalta questa visione con una affermazione che spesso troviamo nelle sue opere e che facciamo nostra, ‘Signore, io ti cercavo nelle cose esterne a me ma in realtà tu eri più vicino a me di quanto io fossi a me stesso’. Per Agostino bello è anzitutto interiorità: la Chiesa ritiene che la massima espressione della bellezza sia, appunto, l’amore e la donazione di sé. Dire Dio, per Agostino, è dire Bellezza piena. Una cosa non la ami perché è bella, ma è bella perché la ami; è l’amore che dà fondamento alla bellezza. Il pittore o lo scultore ispirato è colui che dando vita alla propria opera esprime se stesso con lo scopo di farla contemplare all’altro attraverso il proprio mondo interiore. Michelangelo diceva che, scolpendo, liberava l’essenziale della figura che abita nascosta dentro il marmo: così facendo la libera anche da profitto e convenienza senza escluderne l’utilità. La Chiesa, dunque, ritiene che la massima espressione della bellezza sia l’amore verso Dio e verso ogni uomo credente o no”.
La pandemia, secondo don Siro, dovrebbe averci aiutato a ritornare all’essenziale e dovrebbe averci liberato da tante cose futili: “La cultura post-moderna usa spesso, a mio parere, alfabeti per leggere la realtà che non possono essere condivisi; mi riferisco all’utile, all’economia, al profitto, alla convenienza. Ne discende che anche le persone valgono per ciò che indossano e non per quello che sono, una cultura del mondo che si infiltra a volte e tristemente anche nella Chiesa. Così la bellezza è resa schiava del benessere, rischiando di diventare commerciabile: ecco perché oggi vediamo una cultura arida che non si meraviglia più dei canoni della bellezza perché li stravolge a tal punto da strumentalizzarli. Esposizioni e mostre devono avere un unico scopo: quello di cogliere il senso profondo della bellezza; cultura e carità rischiano di essere letti solo in termini di guadagno e questo accade anche nella Chiesa con il risultato che ci ritroviamo a rincorrere le cose anche se sono sciatte e brutte e travolgono la bellezza, purché sia conveniente. Mons. Volta, durante una mostra in Santa Maria Gualtieri, ricordava ai presenti come si possa contemplare un’opera d’arte e condividere e assumere il messaggio dell’autore diffondendo la bellezza: Dio esprimendo sé stesso si rivela condividendo con l’uomo il mistero dell’incarnazione”.
Arte e bellezza come possibilità di lavoro per giovani e famiglie
C’è poi un discorso, non di scarsa importanza, che riguarda l’economia del settore culturale ed artistico: “Negli ultimi 15 anni tramite questo ufficio, nell’ottica di servizio alla bellezza estetica ed interiore e tramite numerosissime pratiche inviate a Soprintendenza e C.E.I., la Diocesi ha avuto come contributo circa 9 milioni di euro destinati a restauri e lavori di valorizzazione, cifra che raddoppia tenendo conto anche del contributo delle parrocchie che hanno attivato interventi artistici mirati – precisa don Cobianchi -. Mi domando: quanta gente ha lavorato con 18 milioni di euro? La bellezza, il restauro e gli interventi penalizzano il sociale o danno da mangiare alle famiglie? Non è corretto né veritiero sostenere che i fondi destinati alla bellezza siano semplicemente sprecati o vengano considerati un lusso: al contrario, si da’ lavoro a giovani qualificati che desiderano sposarsi e che hanno scelto di lavorare nel settore del recupero artistico. Se dovessimo sottrarre questi contributi che derivano dall’8xMille, le parrocchie avrebbero difficoltà e le famiglie non avrebbero lavoro. L’ufficio raccoglie la documentazione da inoltrare agli organi competenti con lo scopo non solo di avere i contributi, ma, con essi, di valorizzale l’arte, che non è un mero lusso ma una realtà di cui abbiamo tutti bisogno”.
Don Siro conclude con un ringraziamento affettuoso e grato a tutti i suoi collaboratori che in questi anni hanno contribuito a portare avanti il lavoro serio e impegnativo dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, mettendo sempre la Bellezza al primo posto.
(Articolo pubblicato sul settimanale diocesano “il Ticino” di venerdì 24 luglio; in foto don Siro Cobianchi con Papa Francesco).