Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
sono contento che all’indomani del mio ingresso quale nuovo Vescovo di Pavia, mi sia dato di partecipare a questa significativa liturgia della Parola, che vede raccolti insieme i fedeli delle chiese e comunità ecclesiali presenti in questa città e in questa diocesi. Saluto con particolare cordialità i rappresentanti e i pastori delle diverse confessioni cristiane e fin da ora esprimo il mio desiderio forte di poter continuare un cammino di amicizia e di fraternità che da anni vede coinvolte le nostre chiese e rappresenta un segno di speranza in un mondo spesso diviso e lacerato da tante violenze e ingiustizie. Il tema che ci è stato proposto nell’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è tratto dal passo della prima lettera di San Pietro che abbiamo appena ascoltato, dove l’apostolo si rivolge ai credenti in Cristo con queste parole: «Voi siete la gente che Dio si è scelta, un popolo regale di sacerdoti, una nazione santa, un popolo che Dio si è acquistato per sé, per annunziare a tutti le sue opere meravigliose» (1Pt 2,9). In questo modo, carissimi fratelli e sorelle, ci è ricordato che all’origine del nostro essere cristiani del nostro essere popolo santo di Dio, c’è l’iniziativa del Padre che, come ha scelto in modo irrevocabile Israele, così sceglie noi, battezzati nello Spirito di Cristo, immersi nella potenza della sua Pasqua, e fa di noi un popolo che ha una dignità regale, sacerdotale e profetica. Regale perché siamo segnati dal carattere di Cristo unico Signore della storia, re umile e povero che manifesta il vero potere, capace di cambiare i cuori: il potere dell’amore che si fa servizio appassionato e gratuito. Sacerdotale perché, consacrati dallo Spirito, siamo chiamati a fare della nostra esistenza un’offerta viva al Dio santo e vivente, nella lode del suo nome, nella confessione della sua gloria. Infine profetica, perché siamo destinatari del dono del Vangelo, un dono che è per il mondo: questo, infatti, è lo stile di Dio, attestato in tutta la storia biblica, un Dio che liberamente sceglie alcuni uomini e donne, fa loro grazia, perché siano un segno per tutti, perché possano proclamare a tutti le opere meravigliose della misericordia e della tenerezza del Padre! Carissimi amici nel Signore, le dolorose e tristi divisioni che ci hanno condotto a vivere in distinte confessioni cristiane, sono certamente uno scandalo ed è volontà chiara di Cristo che possano essere superate in una superiore unità: un’unità che non deve essere omologazione che tutto appiattisce, un’unità che possa fare sintesi delle differenze e delle ricchezze che viviamo nelle nostre tradizioni, ma che sia nello stesso tempo comunione nella stessa confessione di fede e nella comune disciplina di vita sacramentale ed ecclesiale. In questo senso l’unità piena sta davanti a noi come una mèta verso cui siamo in cammino, come un dono e un miracolo dello Spirito da invocare, senza stancarsi, senza lasciarci abbattere dagli ostacoli, dalle nostre stanchezze, dai nostri peccati! Tuttavia, non dobbiamo mai dimenticare che sussiste già una reale comunione tra noi cristiani, e che alla radice di questa unità, c’è appunto l’azione di Dio in Cristo: è Lui che ci fa popolo e nazione santa, è Lui che attraverso lo splendore del Signore risorto, ci chiama fuori dalla tenebre della morte e del peccato, è Lui che ci conduce nella sua luce meravigliosa, ora pregustata e intravista nella fede, in attesa della manifestazione gloriosa di Cristo. Tutti noi credenti nel Signore Gesù, abbiamo ricevuto lo stesso Vangelo, la buona notizia di un Dio a favore degli uomini. È il senso delle beatitudini proclamate da Gesù all’inizio del discorso del monte: il motivo della gioia annunciata da Gesù è il fatto che Dio vuole donare il suo regno a coloro che sono poveri di fronte a lui, Dio si mette dalla parte di coloro che sono nella tristezza e nel dolore, degli assetati di giustizia, dei misericordiosi, dei puri di cuore, di coloro che diffondono la pace, dei perseguitati per la giustizia e la verità. In questi tempi, occorre riconoscere in particolare quali sono le vie nelle quali possiamo dare già una comune testimonianza che diventi luce e vita per il mondo, per gli uomini e le donne con cui ci è dato di camminare e di condividere gioie e sofferenze, giorni luminosi e giorni oscuri: sono le vie nelle quali possiamo davvero essere «il sale e la luce del mondo», nella misura in cui siamo discepoli di Cristo, portando in noi il sapore del Vangelo e lasciandoci illuminare dalla sua luce. Una prima via riecheggia proprio alla fine delle beatitudini, quando Gesù proclama beati i suoi discepoli, quando saranno oggetto di derisione e di persecuzione: oggi sappiamo che esiste un “ecumenismo dei martiri” in tante parti del mondo, molti fratelli e sorelle delle nostre comunità sono oggetto di violenza, di discriminazione, a volte anche di morte, sono costretti a lasciare le loro case e le loro terre, solo perché cristiani. Agli occhi di coloro che li perseguitano, non importa che siano cattolici, o ortodossi, o protestanti, o anglicani o di altre confessioni, importa che siano cristiani e non accettino di abbandonare la loro fede! Era già accaduto nei lager nazisti e nei gulag comunisti, succede ora, in questi mesi: c’è una comune testimonianza, fino al sangue, che ci unisce e il sangue dei martiri delle nostre chiese grida e chiede a noi tutti di crescere nella stima e nella comunione, proprio perché non manchi, anche nelle nostre terre, la testimonianza del Vangelo. Una seconda via nella quale possiamo dare una comune testimonianza è la fedeltà al Vangelo che mette chiaramente al centro la presenza dei poveri, come spesso ci richiama Papa Francesco: i poveri hanno tanti volti, dai senza tetto ai profughi e migranti che bussano alle nostre porte, dai disoccupati alle famiglie in grave difficoltà economica, dagli emarginati ai tanti giovani e ragazzi vuoti d’ideali, tristi e annoiati, o che vivono reali situazioni di disagio. Occorre lasciarci interpellare da loro, lasciarci ferire e inquietare dalla loro presenza, chinarci sulle loro miserie, cercando di condividere i loro drammi e di far tornare queste persone protagoniste della loro vita, e tutto questo è parte della nostra testimonianza al Vangelo, è un modo semplice e chiaro per incarnare, insieme, la presenza misericordiosa e fedele del Signore Gesù. Infine, una terza via in cui camminare insieme è mostrare, innanzitutto con la nostra vita, la bellezza e il bene che rappresenta l’esperienza umana fondamentale dell’essere famiglia: conosciamo quanta fragilità vivano le nostre famiglie, quante fatiche sul piano della stabilità e dell’educazione dei figli, e come esistano correnti di pensiero che vogliono sovvertire i dati naturali del vissuto familiare. Si possono operare scelte differenti riguardo alle modalità in cui custodire e difendere il bene autentico della famiglia, ma ciò che dovrebbe tutti unirci, nella fedeltà al disegno originario di Dio, che in Cristo splende di nuova luce, è la cura e l’amore concreto per le nostre famiglie, cercando di offrire senza arroganza e senza nessun spirito di contrapposizione, la grazia di essere famiglie nel Signore! Ecco fratelli e sorelle, alcune vie che fin da ora possiamo percorrere per annunciare le opere meravigliose del Padre che ci ha chiamati alla luce: lo Spirito Santo sia la forza che ci sospinge in questo anelito alla piena unità e renda feconda per tutti la nostra testimonianza all’unico Vangelo che salva, all’unico Signore che libera! Amen!
+ Mons. Corrado Sanguineti
Vescovo di Pavia