desidero presentarmi a voi, in attesa di potervi incontrare, conoscere e iniziare un cammino insieme, nella sequela lieta del Signore Gesù e nella testimonianza comune al suo Vangelo. Sono un semplice prete, e provengo dalla terra ligure, dove magari anche alcuni tra voi passano tempi di vacanze e intrattengono relazioni e amicizie: io stesso, anche se ho sempre vissuto a Chiavari, da parte di mamma sono milanese.
È stata per me una sorpresa la chiamata del Papa ad assumere il compito di essere vescovo della vostra Diocesi: ringrazio il Santo Padre Francesco della fiducia che mi ha manifestato con questa nomina, e vi confesso che è con gioia, ma anche «con molto timore e trepidazione» (1Cor 2,3) che vengo tra voi. Immagino che anche per voi sia un po’ una sorpresa la mia nomina: vi trovate ora ad accogliere un pastore che non conoscete, né come volto, né come percorso di vita. Siamo così chiamati insieme a obbedire alla volontà del Signore, significata dalla scelta del Papa, certi e fiduciosi che sarà Lui a far accadere e crescere il dono di una vera familiarità tra noi.
In questo momento, desidero salutare e ringraziare Sua Ecc.za Mons. Giovanni Giudici, che dal 2003 ha guidato la vostra diocesi con cuore di pastore: con lui saluto tutti i presbiteri, i religiosi e le religiose, i diaconi e i seminaristi. Desidero che il mio saluto raggiunga tutti i fedeli, le famiglie, i giovani e gli anziani, gli ammalati e i poveri, coloro che sono provati e feriti dalla vita; rivolgo il mio pensiero ai responsabili della cosa pubblica, alle autorità civili e militari, a tutti coloro che lavorano e operano nelle istituzioni culturali e sanitarie del territorio di Pavia.
Permettete che esprima la mia viva gratitudine alla Diocesi da cui vengo: al mio vescovo Mons. Alberto Tanasini, che sento più che mai padre in queste settimane, ai miei confratelli e ai tanti sacerdoti che sono stati e sono maestri e amici, ai fedeli che ho amato e conosciuto nelle diverse comunità, soprattutto alle famiglie con le quali sono nati rapporti intensi e belli, e ai tanti amici che hanno reso viva la presenza di Cristo nel mio cammino: sono rapporti e legami nel Signore che resteranno, anche in forma diversa, nell’inevitabile distanza. Un grazie singolare va alla mia famiglia, ai miei carissimi genitori, alle mie sorelle e a mio fratello, perché senza la loro fede e la loro umanità profonda, non sarei quello che sono.
In questo mio primo saluto, voglio aprire il mio cuore, come in famiglia, dicendovi che, fin da quando ho saputo del mio nuovo ministero, ho cominciato a sentirmi legato a voi, soprattutto nella preghiera, e vi chiedo innanzitutto di accogliermi con la vostra preghiera e il vostro affetto.
So che la Diocesi di Pavia ha una storia antica e prestigiosa, so che la vostra Chiesa è viva e ben radicata nel territorio, anche se conosce le fatiche e le sfide che il nostro tempo presenta alla fede cristiana; so che custodite la memoria di Santi, testimoni luminosi di Cristo, come il grande Sant’Agostino, o, in tempi più vicini a noi, il medico e religioso San Riccardo Pampuri; so che questa comunità ha rilevanti istituzioni sul piano culturale e accademico: penso al Policlinico San Matteo, struttura sanitaria e scientifica ben nota, all’Università di antica fondazione, con i suoi collegi che fanno di Pavia una città universitaria, ricca di tanti giovani; so che il vostro territorio è caratterizzato da una vivace attività economica, industriale e agricola, anche se risente della crisi di questi ultimi anni e non mancano famiglie che faticano a condurre una vita dignitosa e serena.
Per tutti questi motivi, vengo a voi con un po’ di tremore, affidandomi totalmente alla grazia del Signore e alla tenerezza di Maria, la nostra amata Madre, con un desiderio che in queste ore diventa preghiera, ed è quello di poter essere semplicemente un pastore, come ha chiesto ai vescovi italiani Papa Francesco nel recente discorso al Convegno ecclesiale di Firenze, lo scorso 10 novembre: «Ai vescovi chiedo di essere pastori. Niente di più: pastori. Sia questa la vostra gioia: “Sono pastore”. Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi».
In fondo, da quando sono sacerdote, oltre agli impegni d’insegnamento della Sacra Scrittura e di collaborazione per servizi diocesani, ho sempre fatto il parroco, in comunità di modeste dimensioni, nelle quali ho avuto la gioia di potere conoscere, uno a uno, quasi tutti i miei parrocchiani, e davvero con loro ho condiviso la fatica e la bellezza di essere pastore, che giorno dopo giorno, anche con i suoi limiti, si spende per il Signore e per il suo popolo, impara, si lascia formare dalle domande, dalle relazioni, dagli eventi, lieti e tristi, condivisi. Quanto ho ricevuto dalla “gente-gente”, dai semplici, quanta gioia nel vedere il Signore all’opera nella vita delle persone: quanta ricchezza nell’incanto e nella curiosità dei bambini, nelle domande e nelle provocazioni dei ragazzi e dei giovani, nell’esperienza degli adulti, nella condivisione delle gioie e dei dolori delle famiglie, della loro vita quotidiana, nel volto dei malati e degli anziani, nella saggezza e nella fede di tanti nostri “vecchi”!
Ecco, fratelli e sorelle carissimi, vorrei con tutto il cuore essere un pastore che, come ama ripetere papa Francesco, sta davanti al gregge, per guidare il suo popolo sulle vie del Vangelo, che sta in mezzo al gregge, non dimenticando mai che «per voi sono vescovo, con voi sono cristiano» (Sant’Agostino), e che sta dietro al gregge, per seguire le pecore più deboli, che rischiano di non stare al passo, e per avere l’umiltà di andare dietro al popolo di Dio, che è ricco di un vero senso di fede e che spesso ha più “fiuto” di noi, “dotti ed esperti” nelle cose di Dio, e c’insegna come vivere la fede con cuore partecipe e non arido, dentro le concrete circostanze della vita quotidiana.
Vorrei, pur cosciente della maggiore responsabilità, essere vescovo come sono stato parroco, incontrando direttamente, per quanto mi sarà possibile, le persone a me affidate, a cominciare dai miei confratelli nel sacerdozio, dai più giovani agli anziani e ammalati, provando davvero a camminare insieme, vescovo e popolo, come c’insegna il nostro amato Papa: uno sguardo di particolare cura e predilezione vorrei averlo per le famiglie, soprattutto le giovani famiglie, incontrandole nelle loro case, per i giovani – e qui sento la grande risorsa che rappresenta il mondo dell’università e degli ambienti culturali, anche per favorire un incontro fecondo tra la fede e l’onesta e appassionata ricerca della conoscenza -, per i ragazzi, che possiamo avvicinare nella scuola, nelle parrocchie e negli oratori, per i malati, i poveri e gli esclusi, nei quali possiamo toccare e servire «la carne sofferente di Cristo» (Papa Francesco). Desidero inoltre, fare un tratto di strada anche con coloro che tra voi professano altre religioni o si dicono “non-credenti” o in ricerca: c’è un cuore aperto alla vita e al mistero che ci costituisce e apre spazi di un vero incontro con chiunque.
Carissimi fratelli e sorelle, il mio ministero inizia sotto il segno della misericordia, nell’Anno Santo che si aprirà in tutte le diocesi domenica 13 dicembre: che lo Spirito ci conceda di crescere, io e voi, come discepoli dell’unico Signore, volto vivo della misericordia del Padre, come amici dell’Amico che non delude, come testimoni grati di Cristo crocifisso e risorto, «presente qui e ora» (San Giovanni Paolo II) nella sua Chiesa, nel suo corpo che noi formiamo, nell’esistenza e nella storia, drammatica, ma affascinante che ci è chiesto di vivere. Mi affido alla vostra preghiera: accompagnatemi in queste settimane di preparazione alla mia ordinazione episcopale e al mio ingresso nella vostra comunità: invoco anche sul mio ministero tra voi e su tutta l’amata Diocesi di Pavia la protezione del Santi Compatroni Siro e Agostino e di San Riccardo, e confido nella custodia materna della Vergine Maria Assunta in cielo.
+ Corrado
Vescovo eletto della Diocesi di Pavia.