Il messaggio di San Siro del vescovo Giudici

Saluto ai presenti, raccolti per la devozione al nostro Santo vescovo. Saluto alle autorità.
Il pulpito ritrovato. Un’opera di pregio che arricchisce la nostra cattedrale, oltre che per la preziosità del manufatto, anche perché, con la fantasia e la morbidezza  delle sue forme, svolge un’opera di contrappunto rispetto al rigoroso disegno architettonico che connota la nostra cattedrale.
  • Ringraziamento alla Sovrintendenza ai Beni culturali della Lombardia, alla Fabbriceria, all’Ufficio per i Beni culturali della Diocesi.
  • Segno alla Città, e ispirazione per quel lavorio discreto di continua cura dei suoi edifici, così da renderla una comunità accogliente e attraente, per i cittadini e per quanti ci visitano: gli studenti, chi vi lavora. Anche da qui, siamo persuasi, passa la ripresa economica della città.
Ci raduna il ricordo del Santo Vescovo Siro; egli viene inviato in mezzo a noi per compiere ciò che ogni apostolo riceve come impegno dal Signore Gesù: far conoscere la buona notizia che è Gesù di Nazaret. E’ questo un mandato, come ci ricorda il Vangelo di Marco testé udito, che è accompagnato dalla promessa di ‘segni’ che narrino della vittoria di Cristo sul male e sulla morte. Essi sono descritti: “nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.
Ci domandiamo quali sono oggi quei mali che il Vangelo è in grado di contrastare. 
Uno di questi mali può essere descritto come la guarigione dall’irrazionalità che turba la vita buona della società; quante disuguaglianze, quante sopraffazioni sui più deboli! Un altro segno è la capacità di superare la diversità di lingue e culture che spesso genera difficoltà di convivenza nella collaborazione che è frutto della carità. I serpenti da dominare possono essere descritti come la forza maligna delle critiche e dei pregiudizi che inquinano i rapporti personali e sociali; da ultimo, è proprio la condizione dei malati e degli anziani che chiede maggiore solidarietà. 
Siamo chiamati a fare memoria dell’opera rinnovatrice del Santo Vescovo, che agiva proprio seguendo il mandato di Gesù, domandandoci come oggi dobbiamo affrontare gli aspetti che rendono difficile la vita della società e della persona. E’ questo infatti l’eredità viva che ci deriva da San Siro. Non dimentichiamo che, secondo la nostra tradizione, egli ha avvertito, assieme con i discepoli del Maestro, il dramma di una folla che, avendo seguito Gesù maestro, doveva fare i conti con la fame. In quella occasione la condivisione di pochi pani e di due pesci, per le mani di Gesù, ha consentito il nutrimento per le migliaia. 
Quale è la missione di noi, discepoli di San Siro? Ci lasciamo prendere dalla passione che la Chiesa, guidata da papa Francesco, dimostra di avere per  una autentica giustizia e una forte scelta di solidarietà. Sono ancora presenti le folle che hanno commosso Gesù e i suoi discepoli. Sono mutate le condizioni esterne nelle quali si manifestano queste necessità. Oggi nel nostro territorio vi è fame di accoglienza reciproca, ma anche di quella dignità che nasce dal lavoro, come realtà presente e come prospettiva desiderata, soprattutto dai giovani. Tra le altre cause di questa fame, possiamo individuare lo scarso spirito di solidarietà tra di noi, l’attitudine a chiuderci su noi stessi, impediti a uscire dalle sicurezze di cui ci sembra di essere ricchi, e dalle povertà, che ci fanno insicuri e incerti di fronte ad ogni dialogo, ad ogni incontro, ad ogni novità.
La memoria del gesto del Vescovo, che non si è limitato a mettere a disposizione i cinque pani e i due pesci, ma tutta la sua vita, ci incoraggia. E’ infatti dal poco che inizia l’opera meravigliosa del segno della moltiplicazione del pane per saziare la folla. Che cosa sono i cinque pani per il gran  numero di persone che hanno seguito Gesù? Eppure dal condividere fraterno, sostenuto dalla grazia del Signore, si giunge ad un risultato incredibile. E va notato che se la potenza di Gesù, il figlio di Dio compie il segno di saziare e di consolare, tuttavia il punto di partenza è umano, assai modesto. 
Se dunque, incoraggiati dalla parola evangelica, ci domandiamo quali sono oggi le modalità per attuare una condivisione che, a partire dal poco che ciascuno di noi può dare, aiuti a sfamare le folle, possiamo individuare taluni aspetti della nostra vita di ogni giorno che hanno bisogno di cura ma che aprono prospettive ampie di rinnovamento del nostro vivere. Base necessaria di un rinnovato impegno per sfamare le folle. 
Vorrei proporre qualche esempio:
  • Vivere la dimensione di incontro e di dialogo nella famiglia. Piccola cosa, ma quanto può contribuire a cambiare la vita dei singoli e della società. Il Sinodo.
  • Proporsi di attuare una vita di vicinato attenta e disponibile ai bisogni dell’altro.
  • Gratitudine, rispetto, attenzione per la vita religiosa.
  • Vivere la città come un patrimonio che devo condividere con gli altri, che è spazio comune.
  • L’attenzione alle relazioni tra datori di lavoro e lavoratori, che oggi portano talvolta a contratti di solidarietà, strumento che permette di evitare gli esuberi, distribuendo sulla collettività la riduzione di lavoro. 
In ciascuna di queste situazioni possiamo fidarci che Gesù moltiplica; ma allo stesso tempo ricordiamo che vi è un punto di partenza costituito dalla nostra umana, modesta ma concreta decisione. Fare memoria di ciò, consente a noi di pregare: ‘Moltiplica Signore i cinque pani che metto a tua disposizione!’
In particolare oggi vorrei richiamare il tema del lavoro. Che cosa possiamo fare perché cresca l’occupazione? Le istituzioni dell’economia e della politica devono fare la loro parte. Ma io, in concreto, come posso aiutare la persona disoccupata? Essa è umiliata e sfiduciata perché non ha di che sostenere la sua famiglia, non ha un ruolo sociale, non riesce a esprimere le sue capacità. Propongo dunque, nella memoria di San Siro, di tentare una condivisione che offra occasioni di lavoro. E’ un piccolo dono che possiamo fare, ciascuno di noi: dieci euro. L’abbiamo chiamato “Compralavoro”. Questa somma ottiene, attraverso l’accordo con imprese sensibili, e il meccanismo dei ‘buoni lavoro’ o voucher, di offrire un’ora di lavoro retribuito, sicuro, formativo. 
La festa di San Siro ci richiama ad una verifica della nostra fede e del cammino verso la piena appartenenza alla comunità da lui fondata. Egli veglia su di noi e ci affida al Signore e alla “parola della sua grazia”, perché oggi sappiamo vivere secondo il modello che egli ci ha lasciato. 
O glorioso San Siro, aiutaci a nutrire la nostra fede nell’ascolto della tua parola, a far attenzione allo Spirito di Gesù che in noi prega e che ci suggerisce gesti di condivisione e di carità. Per la tua intercessione, ci sia data la grazia della carità, di un amore che si fa servizio e condivisione. Un servizio che siamo chiamati a rinnovare proprio ritemprandoci in questa Eucaristia.

Giovanni Giudici 
Vescovo di Pavia