Papa Francesco ha visitato oggi, lunedì 8 luglio, l’isola di Lampedusa. Arrivato poco prima delle nove di questa mattina, il Pontefice e’ ripartito alle 13.15.
Appena giunto, il Papa e’ salito a bordo di una motovedetta della Guardia costiera, accompagnato da un corteo di barche di pescatori. Dalla motovedetta ha gettato nel mare di Lampedusa, presso la “porta d’Europa” di Punta Maluk, una corona di crisantemi bianchi e gialli in ricordo dei migranti morti durante le traversate. Prima di lanciare i fiori il Papa si è raccolto in preghiera. Il lancio della corona in mare è stato salutato dal suono delle sirene delle barche dei pescatori.
Poi Papa Francesco è arrivato al porto di Lampedusa, a Punta Favarolo, con la motovedetta della Capitaneria di porto che in otto anni ha tratto in salvo dal mare 30 mila persone. Sul molo lo attendevano gruppi di migranti, che ha salutato al suo passaggio. Ha stretto loro la mano, quasi tutti i migranti erano giovanissimi, gli ha sorriso. “Vi saluto tutti e ringrazio per l’accoglienza, tutti siamo qui oggi nella preghiera e anche per questo non ho parlato. E’ per questo che oggi sono qui. Grazie, grazie”, ha detto il Papa agli immigrati. I profughi sono per metà cristiani e per metà musulmani, molti eritrei, tra loro anche tre donne e per la maggioranza sono minorenni.
“Noi siamo fuggiti dal nostro Paese per due motivi, politico e economico, per arrivare in questo luogo tranquillo abbiamo superato vari ostacoli, siamo stati rapiti da vari trafficanti. Per arrivare qui in Italia abbiamo sofferto tantissimo”. Così un giovane immigrato si è rivolto a Papa Francesco al quale ha anche consegnato una lettera sul Molo Favarolo di Lampedusa. Nell’intervento il ragazzo, che si è anche interrotto per la commozione, ha chiesto aiuto per la situazione particolare: “Siamo qui – ha detto – costretti a rimanere in Italia perché abbiamo lasciato le impronte digitali e per questo non possiamo andare via. Quindi – ha aggiunto – chiediamo agli altri Paesi europei di aiutarci”.
A bordo della “campagnola” scoperta, poi, il Pontefice ha percorso le strade di Lampedusa, salutato e acclamato dalla folla, per dirigersi al campo sportivo “Arena”, in località Salina, per la messa. Il Pontefice è stato circondato dalla folla che lo ha acclamato: ha stretto al petto petto e baciato bambini, li ha accarezzati, ha stretto le mani che i fedeli gli hanno teso, ha sorriso a tutti e li ha salutati con la mano. L’ingresso al campo sportivo è stato accolto da grida dei presenti e dallo sventoli dei cappellini bianchi e gialli.
LA MESSA A LAMPEDUSA – E’ stata la notizia degli “immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte”, diventata per lui “una spina nel cuore che porta sofferenza” a spingere il Papa ad andare a Lampedusa, ha detto, per “risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”. “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali”, ha detto il Papa all’inizio dell’omelia. “Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta – ha proseguito -, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza”. E allora “ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare – ha aggiunto -, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore”.
“Vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore”, ha detto il Papa durante la messa: “Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà! Grazie”.
Nella messa a Lampedusa, papa Francesco ha rivolto un pensiero “ai cari immigrati musulmani che, oggi, stasera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali”. “La Chiesa vi è vicina – ha aggiunto – nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi, ‘O ‘scià”.
Partendo dalle domande bibliche “Adamo, dove sei?” e “Caino, dov’è tuo fratello”, papa Francesco, con riferimento ai naufragi dei migranti, ha detto a Lampedusa che “queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza!”. “Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo”, e “non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri”. E’ così, secondo Bergoglio, che “si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito”. “‘Dov’è tuo fratello?’, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio – ha detto il Pontefice -. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi”. “Quei nostri fratelli e sorelle – ha proseguito – cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte”. “Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, accoglienza, solidarietà! – ha aggiunto – E le loro voci salgono fino a Dio!”.
La “cultura del benessere” ci rende “insensibili alle grida degli altri”, ci fa vivere “in bolle di sapone”, in una situazione “che porta all’indifferenza verso gli altri – per il Papa -, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? – ha chiesto il Papa parlando dell’aspetto dell’indifferenza – Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io”. “Ma Dio – ha proseguito – chiede a ciascuno di noi: ‘Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?’. Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo ‘poverino’, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto”. “La cultura del benessere – ha spiegato Bergoglio -, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”. Secondo il Papa, “ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. “Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni – ha aggiunto -. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto”.
Di fronte alle morti in mare, ha detto il Papa, “domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’é nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo. ‘Chi ha pianto?'”. “Chi di noi ha pianto pe questo fatto e per fatti come questo? Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini?”, “siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere”.
Nell’omelia a Lampedusa il Papa ha sottolineato in un passaggio a braccio anche il dramma dei migranti di cui sono responsabili i trafficanti di uomini. I migranti “prima di arrivare qui – ha detto – sono passati attraverso i trafficanti, quelli che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per cui la povertà degli altri è fonte di guadagno” e a causa di questi “hanno sofferto”.
Per i morti in mare “Signore, ti chiediamo perdono”, ha detto il Papa al termine dell’omelia a Lampedusa. E ha aggiunto a braccio: “perdono Signore”.
“Lampedusa sia faro per tutto il mondo, perché abbia il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore”, ha chiesto il Papa al termine della messa, ringraziando i lampedusani sia per “l’accoglienza” che per la “tenerezza” verso gli immigrati. “Voglio ringraziarvi ancora di più, voi lampedusani – ha detto il Papa a braccio – per l’esempio di amore, di carità, di accoglienza”. Dopo aver citato il vescovo che ha parlato dell’isola come “faro”, il Papa ha invitato il mondo a prendere esempio da Lampedusa. “Grazie per la vostra testimonianza – ha concluso – e voglio ringraziare anche per la vostra tenerezza, che ho sentito dai racconti di don Stefano e del suo viceparroco, sulla nave”. Nel suo saluto al Papa l’arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, ha parlato di Lampedusa come “scoglio e faro”, che “purtroppo per molti è diventato tomba”, un “faro – ha detto mons. Montenegro, che è anche presidente della Fondazione della Cei per i migranti, la ‘Migrantes’ – acceso per la Chiesa intera, per l’Italia, per l’Europa. Essa – ha proseguito mons. Montenegro – ricorda a tutti che ci sono delle esigenze di giustizia, di dignità, che non possono essere soppresse; quest’isola è lampada accesa perché non si pensi più in termini di emergenza o di semplice accoglienza, ma a promuovere politiche adeguate di giustizia e di rispetto di ogni vita umana”.
“Protettrice dei migranti e degli itineranti, assisti con cura materna gli uomini, le donne e i bambini costretti a fuggire dalle loro terre in cerca di avvenire e speranza”. E’ un passo della preghiera pronunciata dal Papa a Lampedusa davanti alla statua di Maria, stella del mare. “L’incontro con noi e con il nostro popolo non si trasformi in sorgente di nuove e più pesanti schiavitù e umiliazioni”. “Rifugio dei peccatori – ha detto ancora il Pontefice -, ottieni la conversione del cuore si quanti generano guerra, odio e povertà, sfruttano i fratelli e le loro fragilità, fanno indegno commercio della vita umana”.
Sono circa diecimila le persone che hanno assistito alla messa di papa Francesco nel campo sportivo di Lampedusa, riferisce la sala stampa vaticana.
Dopo l’ennesimo bagno di folla, Papa Francesco ha lasciato il campo sportivo per raggiungere la parrocchia di San Gerlando, l’ultimo degli appuntamenti ufficiali della sua visita a Lampedusa. Nella chiesa del paese il Pontefice ha incontrato altri migranti, un gruppo di cittadini di Lampedusa con il sindaco, Giusi Nicolini, e i parrocchiani guidati da don Stefano Nastasi.
“Grazie per questa testimonianza, il Signore vi benedica e vi aiuti a proseguire in questo atteggiamento tanto umano quanto cristiano”. Con queste parole Papa Francesco ha concluso la sua visita a Lampedusa, salutando gli isolani davanti alla parrocchia di San Gerlando. Il Papa si è poi diretto in aeroporto seguito dalla folla che per tutta la mattina lo ha accompagnato nella sua visita.
Intanto un barcone carico di migranti a Lampedusa. L’imbarcazione, con 165 stranieri a bordo, e’ stata intercettata dalle motovedette della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto. I 165 migranti sono stati caricati su due motovedette della Capitaneria di porto e una della Guardia di finanza a poche miglia di distanza dal porto di Lampedusa dove sono giunti prima dell’arrivo del Papa. Una volta soccorsi, sullo stesso Molo Favarolo dove meno di un’ora dopo è sbarcato il Pontefice, sono stati accompagnati al Centro di primo soccorso sull’isola. Tra di loro ci sono anche quattro donne.