Omelia per il Mercoledì delle Ceneri

17-02-2021

Carissimi fratelli e sorelle,

«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 6,2): con queste parole dell’apostolo Paolo, ogni anno entriamo nel tempo della Quaresima. Quaranta giorni di cammino, seguendo Gesù che sale a Gerusalemme per vivere la sua Pasqua di morte e risurrezione: è un tempo favorevole per che cosa? In che cosa consiste il dono racchiuso in questi giorni?

Perché, vedete, come esistono dei luoghi santi, segnati dal passaggio di Cristo – come la Terra Santa – e dei suoi santi – pensiamo ad Assisi – o da particolari manifestazioni di Maria – come i suoi santuari disseminati in ogni continente – così vi sono dei tempi santi, che portano con sé un dono particolare e vivo del Signore. Ci sono momenti favorevoli nella nostra vita personale, incontri e momenti di grazia e di luce che aprono un nuovo orizzonte, ci sono tempi di grande fecondità nella vita della Chiesa o delle comunità; allo stesso tempo, nel ciclo dell’anno liturgico, ci sono dei tempi forti, per i misteri che celebrano, per la ricchezza della Parola offerta nella liturgia, per la grazia dei sacramenti che sono legati al mistero celebrato. Sono l’Avvento, il tempo di Natale, la Quaresima, il tempo pasquale.

Ora, ciò che caratterizza la Quaresima è di essere un tempo di conversione: «Convertitevi e credete al Vangelo!» (Mc 1,15). Sono le parole con cui Gesù inizia a percorrere i villaggi della Galilea, e tra poco saranno pronunciate su tutti noi, prima di ricevere le ceneri sul capo. Nel mondo biblico, la cenere è un richiamo trasparente alla nostra condizione di creature mortali, abitate dal soffio dello Spirito e tuttavia destinate, nella nostra dimensione empirica e biologica, a tornare a essere polvere, ed è anche un segno di penitenza, di umiltà, di riconoscimento del nostro peccato di fronte a Dio.

Questa sera le ceneri benedette e imposte su ciascuno e ciascuna di noi sono un appello a chinare il capo di fronte al vero Signore della vita e a riprendere un cammino di conversione.

Qui nasce un’altra domanda: che cosa significa “conversione”? Che cosa vuol dire convertirci? Che cosa muove alla conversione? Dobbiamo, infatti, riconoscere che è una parola spesso ridotta nel suo significato alla dimensione morale, a un impegno di migliorare i nostri atteggiamenti; per molti, può essere una parola lontana, estranea alla vita, un retaggio di un passato.

In realtà, carissimi fratelli e sorelle, la conversione è una dimensione della vita credente, di chi ha iniziato a scoprire, per grazia, il volto di un Dio vicino, vivo, che vuole fare alleanza con noi ed entrare in relazione con noi. Si potrebbe dire che la conversione è il “contraccolpo” in noi di un incontro e di una conoscenza che va crescendo: l’incontro con la presenza e il mistero di Gesù, Figlio del Dio vivente, e in lui la progressiva e stupita conoscenza del Padre, «il Padre tuo che vede nel segreto», come ripete più volte il Vangelo di oggi.

Nella storia di ogni persona, la conversione può avere differenti volti: c’è una “prima” conversione come assoluto cambiamento, per chi passa dall’incredulità o dalla ricerca a tentoni alla luce della fede, oppure da una vita nel peccato e nel vizio a una trasformazione radicale del modo d’essere e d’agire. C’è una “seconda” conversione per chi, magari, è cresciuto in un’educazione cristiana, per anni ha vissuto gesti di fede e di preghiera, senza un vero contatto con il Signore, e improvvisamente, per un incontro, per un’esperienza forte, scopre la presenza viva di Dio, inizia un rapporto d’affezione con Cristo, tutto ora gli parla di Lui! Gli stessi gesti che viveva prima, i sacramenti, la Parola di Dio, la testimonianza dei Santi, il sentirsi parte della Chiesa, come comunità di amici nel Signore che condividono uno stesso cammino di fede: tutto prende un rilievo e un gusto nuovo. E poi c’è una “terza” conversione che diviene un orizzonte dell’esistenza, una tensione del cuore, ogni giorno, ad amare e a riconoscere il Signore nella realtà, nelle circostanze quotidiane, nel volto dei propri fratelli, una ripresa dopo ogni caduta, un dolore dopo ogni peccato che nel tempo purifica e cambia la persona.

La descrizione più bella della conversione cristiana, è racchiusa in queste parole del papa emerito Benedetto XVI, più volte riprese e riproposte da Papa Francesco: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Deus caritas est, 1). Questo “inizio” si rinnova e può accadere più volte nel cammino della vita, e la Quaresima è un tempo offerto perché l’inizio riaccada, perché la nostra vita riceva sempre di nuovo la direzione decisiva e fondamentale.

Carissimi amici, conversione indica un movimento del cuore e dell’esistenza: nell’Antico Testamento il verbo usato per esprimere la conversione del credente e del popolo, è il verbo shuv che significa “ritornare”, mentre nel Nuovo Testamento si utilizzano due verbi in greco che si possono tradurre con “cambiare mentalità, modo di pensare” e con “cambiare direzione”.

Ecco, davanti a noi il movimento della conversione, espresso in modo forte dal profeta Gioèle, nella prima lettura: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore» (Gl 2,12-13).

Ritornare a Dio, al Dio misericordioso e pietoso, al Dio che in Cristo si è fatto vicino a noi, in modo impensabile, fino a donare il suo Figlio amato, che ha condiviso pienamente la nostra condizione umana, tanto da divenire “peccato”, da portare sulla croce il peso immenso dei peccati, le miserie, le disperazioni e le angosce degli uomini. Se ci fermiamo un istante, lasciano senza fiato le parole di Paolo, proclamate stasera: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2Cor 5,20-21).

Noi possiamo “ritornare a Dio”, tante volte dimenticato, messo ai margini della vita o cancellato dall’orizzonte del nostro mondo, possiamo volgerci di nuovo a Lui, perché Lui ha fatto il primo passo, ci è venuto incontro, si è fatto vicino, ha assunto il volto umano di Gesù, volto d’indicibile bellezza che ci attrae a sé. In Cristo Dio continuamente si volge a noi, entra in dialogo con noi, bussa alla nostra porta: la Quaresima è il tempo in cui dare spazio al dialogo di Cristo con il nostro cuore e al dialogo del nostro cuore con Cristo, per permettere al Signore di parlarci, per amarlo e seguirlo sulla via della vita donata sulla croce e risorta.

Qui, carissimi fratelli e sorelle, sta il senso autentico dei gesti della Quaresima, come gesti di conversione e di ritorno al Padre, come strada di una nuova familiarità con Gesù: la preghiera, che è dialogo personale con il Padre, ascolto della parola del Vangelo, soprattutto nella liturgia della Messa e nella lectio delle letture bibliche, incontro con Cristo nei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza; il digiuno, che libera il cuore e fa riscoprire la vera fame di Dio, e che, oltre alle forme indicate dalla Chiesa, può assumere altre forme, scelte liberamente, e si realizza anche nell’accettazione paziente delle limitazioni e delle fatiche di questo tempo; l’elemosina, intesa come gesti di carità e di attenzione a chi vive nel bisogno, nella povertà, nella solitudine, come disponibilità ad accogliere e ad amare il Signore nei suoi fratelli prediletti.

«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 6,2). Amen!