“Il pericolo della morte sociale”: si intitola così l’intervento che il Vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, ha firmato sul Corriere della Sera del 5 novembre, intervenendo così sulla questione Covid-19 e sul lockdown.
Ecco qui di seguito l’intervento integrale.
Gentile direttore,
mi permetto, attraverso le colonne del suo giornale, di fare alcune considerazioni, ad alta voce, che vorrei offrire, senza pretesa, a tutti coloro che hanno a cuore il bene del nostro paese e a chi riveste responsabilità in campo sociale, amministrativo e politico.
Scrivo come vescovo di una città bella e ricca di storia, Pavia, e come pastore avverto crescere nella gente disagio e stanchezza, talora rabbia; come cittadino, ho a cuore l’Italia, nazione dotata di risorse d’ingegno e di creatività. Tutti trepidiamo per l’epidemia che sta coinvolgendo il mondo e in modo accentuato l’Europa, e c’è un clima di paura e di tensione, in parte motivato dalle difficoltà sanitarie e sociali, in parte favorito da una comunicazione a volte ossessiva sul Covid, che rischia di diventare l’orizzonte totale della vita.
Davanti alla prospettiva di un possibile nuovo lock down, ritengo che sarebbe sbagliato ripetere esattamente l’esperienza vissuta nei mesi di marzo, aprile e inizio maggio: un lock down totale, con il blocco della maggior parte delle attività lavorative e con la sospensione per settimane della scuola in presenza, sarebbe un colpo terribile e insostenibile per la nostra economia e per la tenuta psicologica e sociale del paese. Non si muore solo di Covid o di altre malattie, esiste anche una “morte sociale” e culturale che fa le sue vittime nelle famiglie e nelle persone più fragili.
Credo che il primo e vero sostegno da dare ai nostri operatori sanitari, di nuovo in prima linea, più affaticati e logorati rispetto alla scorsa primavera, sia tenere insieme la doverosa cura della salute pubblica con la tutela del bene comune che abbraccia varie dimensioni.
Se sono primarie la vita e la salute dei cittadini, sono altrettanto importanti le condizioni di vita assicurate dal lavoro e dallo svolgimento delle attività economiche, così come dovrebbero essere altrettanto prioritarie l’istruzione e la formazione, nelle scuole pubbliche (statali e paritarie) e nelle università: non possiamo condannare un’intera generazione a un altro anno scolastico e accademico svolto solo “in remoto”! Il danno, soprattutto per gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado,
sarebbe pesante, data anche la disparità sociale che priva non pochi ragazzi di mezzi e ambienti adatti per seguire la didattica a distanza. Impariamo da Francia e Germania, che, pur avendo attivato un nuovo lock down, oltre a permettere numerose attività lavorative, non hanno interrotto, almeno per ora, le lezioni nelle scuole e in parte nelle università.
Un paese vive non solo di salute e di lavoro, ma anche di cultura e di spiritualità: per questo motivo, occorre, appena possibile, dare spazio alle attività di teatri e di cinema, così come alla coltivazione delle arti e della musica. In caso di lock down, se sono servizi essenziali i negozi di alimentari, i supermarket, le farmacie, gli uffici postali, sono servizi essenziali anche quelli che si realizzano nei luoghi di culto, cattolici o di altre espressioni religiose, soprattutto con le attuali norme di sicurezza e con concorso ridotto di persone alle celebrazioni. Uno Stato intelligentemente laico tutela la dimensione religiosa della vita, che si esprime e si alimenta in luoghi e gesti che danno orizzonte e respiro a tanti uomini e donne.
Perciò, sarebbe miope risolvere la sfida del Covid ricorrendo a un nuovo lock down generalizzato, che non tiene conto della diversità di situazioni tra città e piccoli centri, tra regioni e zone circoscritte: risulta molto più ragionevole e opportuno procedere differenziando secondo le condizioni sanitarie e sociali. Inoltre, lo Stato e le regioni devono fare tutto il possibile, recuperando
il tempo perso nei mesi estivi, per potenziare le terapie intensive, aumentare i posti letti nei reparti Covid, assumere nuovo personale medico e infermieristico, disporre alberghi e luoghi dove accogliere i malati che non richiedono cure ospedaliere, supportare l’azione dei medici di base, anche nella realizzazione dei tamponi.
Allo stesso tempo, è indispensabile l’organizzazione di un sistema di trasporti per gli studenti e i docenti, utilizzando l’apporto delle agenzie private di viaggi, che hanno un parco di pullman fermo.
Non deve, infine, mancare un aiuto efficace e rapido per le tutte categorie che vedono ridotte o interrotte le attività lavorative, nel campo della ristorazione, dello spettacolo, del divertimento, dello sport. Faccio notare che nel recente DL “Ristori” sono, per ora, dimenticati gli enti del Terzo Settore, non commerciali, che svolgono una funzione sociale di grande valore.
Credo che su queste linee occorra un grande sforzo d’intesa e di lavoro comune tra tutte le forze politiche e sociali, e da parte della Chiesa italiana, oltre all’impegno nel campo della carità e del volontariato, condiviso con altri soggetti responsabili e attivi, c’è la volontà d’essere una presenza positiva e costruttiva nel paese, che ha bisogno di uno “scatto” di coesione, di creatività e di passione, in un’attenzione vigile al bene intero delle persone e delle famiglie.
+ Corrado Sanguineti
vescovo di Pavia